Mosca conferma le adozioni facili per russificare i bambini ucraini

Ve l’avevamo detto un mese fa e adesso arriva la conferma proprio da Mosca: secondo l’agenzia stampa russa Interfax il Presidente Putin ha firmato un decreto per agevolare le procedure di adozione dei bambini ucraini. La nota dell’agenzia del 30 maggio 2022 non lascia spazio ad ulteriori dubbi: “Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto sull’acquisizione semplificata della cittadinanza russa da parte degli orfani di DPR, LPR e Ucraina. È stato pubblicato sul portale Internet ufficiale delle informazioni giuridiche il documento di modifica dei decreti del capo di stato di aprile 2019 e si applica anche ai bambini lasciati senza cure parentali, e ai cittadini disabili di DPR, LPR e Ucraina”.

Quello che si temeva si sta realizzando, il processo di russificazione dei bambini ucraini è iniziato. Non era propaganda di guerra ma un allarme gravissimo che nessuno ha raccolto, ne verificato nemmeno le più grandi associazioni umanitarie nonostante le numerose segnalazioni e gli appelli sui bambini ucraini. Panorama ha iniziato a chiamare le istituzioni e le onlus settimane fa dopo le numerose segnalazioni delle associazioni ucraine e di Lyudmila Denisova Commissaria dei Diritti Umani in Ucraina ma nessuno sapeva nulla dei bambini e della procedura di adozione semplificata che oggi in Russia è legge. Con questo decreto i bambini ucraini non faranno più ritorno in patria dalle loro famiglie e dovranno giurare fedeltà al regime che ha aggredito il loro paese.

«I rappresentanti della Duma di Stato della Federazione Russa fanno notare che il disegno di legge è finalizzato a fornire ai cittadini della Federazione Russa la possibilità di adottare bambini ucraini, poiché al momento la legislazione vieta l’insediamento di bambini stranieri. Oggi, i media del Paese occupante riportano che quasi 200mila bambini ucraini sono stati rimossi dalla Federazione Russa»-scriveva il 6 maggio in uno dei numerosi post fb di denuncia la commissaria Denisova e a distanza di pochi giorni Putin ha firmato l’Uzake (editto). Con l’Uzake inserito in un decreto di tre anni fa le procedure di adozione dei bambini ucraini sono state semplificate al massimo. In più la novità è che l’adozione non riguarda solo i bambini che arrivano dalle autoproclamate repubbliche filo-russe di Donetsk e Lugansk ma anche dalle regioni di Zaporizhzhia e Kherson. Un fatto che viola le norme internazionali per le adozioni. I bambini rifugiati di guerra non possono essere adottati o si rischia di ripetere quello che era già accaduto in passato con il Ruanda quando nel 1994 arrivarono in Italia 59 bambini e vennero affidati a diverse famiglie. Dopo alcuni anni nel 2000 il governo del Ruanda si rivolse alla Farnesina chiedendo la restituzione di quei bambini perché le famiglie d’origine, tornate nel paese dai campi profughi, li reclamavano. Una storia di grande sofferenza da parte di tutti che si potrebbe ripetere oggi, perché il popolo ucraino non è che come gli altri rifugiati di guerra che cercano una nuova vita altrove ma sta aspettando la fine della guerra per tornare in patria.

«Questo decreto non mi piace perché può essere usato molto male. Inoltre è incomprensibile capire che tipo di controlli possono fare i russi per riuscire a capire se i bambini ucraini hanno ancora qualche familiare vivo. La grande paura è che questi bambini hanno ancora i loro genitori e con l’adozione non torneranno più in Ucraina»- ci spiega Gianfranco Arnoletti presidente Cifa onlus capofila nelle adozioni internazionali».

Cosa può fare la comunità internazionale?

«Purtroppo non si può impedire a un regime di fare quello che vuole. C’è una guerra in corso che non si sa quando finirà. L’eventuale utilizzo non corretto del decreto firmato da Putin deve preoccupare davvero. Perché un conto se il bambino non ha più una famiglia ed è un rifugiato così l’adozione ha un senso sennò è una crudeltà. E poi secondo me è una scusa perché in Russia esiste l’affidamento. Perché adottare? È più corretto che è un bambino sia affidato in attesa di capire se ha ancora dei parenti».

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