venerdì, 29 Novembre 2024
Nanoparticelle e campi magnetici contro il cancro
Ogni diagnosi di cancro è una brutta notizia, ma se a essere diagnosticato è un tumore al pancreas, la notizia è davvero pessima. A cinque anni di distanza dal momento in cui viene individuato (così dicono le statistiche, ovvio che ci sono eccezioni) la percentuale di guarigione non supera in media l’11 per cento, in entrambi i sessi.Il problema è che questa neoplasia nella maggioranza dei casi viene identificata quando i sintomi si manifestano già (e sono spesso sovrapponibili ad altre malattie, come la pancreatite), quindi è tardi per una prognosi buona, o per essere operati. «Catturare» i segni del tumore prima che si manifesti è l’obiettivo del NanoDelivery Lab del Dipartiemento di Medicina Molecolare, dove il team guidato da Daniela Pozzi e Giulio Caracciolo, fisici dell’Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, da un anno lavora a un progetto importante – finanziato da Airc- che utilizza nanoparticelle e levitazione magnetica.
«Al momento non esistono tecniche affidabili per diagnosticare precocemente il cancro al pancreas» spiega Pozzi. «Un test efficace dovrebbe riuscire a individuare, per tempo, i biomarcatori specifici di questo tumore. Il nostro studio, pubblicato per ora sulla rivista Cancers, ha già dato risultati promettenti».Il metodo messo a punto dai ricercatori funziona così: al laboratorio arrivano campioni di plasma provenienti da pazienti oncologici (con tumore pancreatico) e da donatori sani (il gruppo di controllo). I campioni di plasma, messi a contatto con nanoparticelle, vengono immessi dentro uno strumento di levitazione magnetica. Il campo magnetico presente fa migrare le proteine del plasma che, se provengono da pazienti con il cancro, si muovono in maniera diversa rispetto alle altre proteine.
«In pratica» continua Pozzi «le proteine dei campioni dei soggetti malati formano una sorta di “nuvola” che, avendo peso molecolare e densità differenti, fluttua in un punto diverso all’interno del contenitore: in questo modo riusciamo a distinguere i pazienti oncologici dagli individui sani».Se il metodo, che nei test preliminari ha mostrato una sensibilità del 90 per cento, risultasse efficace anche in stadi precoci della malattia (e questo lo si vedrà in step successivi, su campioni più ampi) significherebbe un passo avanti notevole nella diagnosi della malattia, e quindi nella speranza di guarigione. «Queste proteine, “calamitate” dalle nanoparticelle, funzionerebbero come biomarker specifici del cancro al pancreas. E in futuro, potremmo pensare a una diagnosi con un semplice prelievo di sangue. È quello che ci auguriamo» conclude Pozzi.