venerdì, 15 Novembre 2024
Nel discorso del 9 maggio il corpo di Putin ha raccontato la consapevolezza degli errori commessi
Il discorso di Vladimir Putin ieri, 9 maggio, per il Giorno della Vittoria è stato analizzato nei minimi dettagli, parola per parola. Ma non sono importanti solo le frasi, anche i gesti raccontano lo stato d’animo del leader russo, non più spavaldo come all’inizio dell’invasione dell’Ucraina.
Abbiamo chiesto alla Dott.ssa Cristina Brasi, Psicologa Criminologa ed Analista Comportamentale di fama internazionale, un ritratto del leader del Cremlino ieri sulla Piazza Rossa.
Putin è un uomo che, a fronte di una profonda scompensazione che sarebbe stata caratterizzata dall’emergere di componenti antisociali e narcisistiche, per mezzo di tratti di personalità volti al pragmatismo ed estremamente strutturati, complice anche un’intelligenza probabilmente al di sopra dei limiti di norma, sarebbe stato in grado di ritrovare un equilibrio, facendo riemergere le componenti razionali. In questi mesi avrebbe con grande probabilità messo in atto un processo interiore di bilanciamento caratterizzato da una presa di coscienza degli errori commessi. Questo è quanto plausibilmente lo potrebbe portare a cercare di mettere in atto delle strategie più calibrate in ordine di costi e benefici. Al contempo si ravviserebbe anche un tentativo di ricostruzione della credibilità sociale, processo che sarebbe messo in atto a partire dalle masse alle quali verrebbe restituita un’immagine di persona ferma, forte e decisa.
Dal discorso di Putin del 9 maggio l’analisi scientifica del linguaggio non verbale mostrerebbe differenti elementi riconducibili a rabbia e disprezzo, spesso provati in commistione. Tali elementi indicherebbero quanto, in questo momento, sarebbe presente la necessità di trovare un equilibrio tra le condotte messe in atto a partire dal 24 febbraio, dove si sarebbe rilevata la scompensazione di cui sopra, e la situazione attuale, dove i tratti razionali, pragmatici ed analitici sarebbero ritornati ad essere la base di partenza per le azioni messe in atto. A tal proposito è significativo come siano emersi i “moral disengagement” messi in atto per giustificare questa situazione e già nel corso della prima analisi rilevati.
A inizio discorso, quando parla di “difendere la Patria”, si ritroverebbe un “locus comportamentale dell’agency morale”, ossia un comportamento negativo trasformato in positivo per consentire l’utilizzo di mezzi lesivi legittimati tramite un “confronto vantaggioso autoassolutorio”. Dopo il minuto di silenzio, Putin mostrerebbe tristezza simulata, ravvisabile come tale per la lunga durata della microepressione, e disprezzo nel momento in cui parla dei bambini e dei soldati feriti. Ciò andrebbe ad indicare come per lui sarebbe necessario mantenere lontana l’immagine reale per consentirgli l’attivazione dell’autoassoluzione grazie al “confronto vantaggioso” con altre disumanità. Ciò fornirebbe un quadro di Putin di estrema coerenza interna in quanto, i disimpegni morali utilizzati, sia nel momento della scompensazione che nei momenti di lucidità, sarebbero i medesimi. Sarebbe stata proprio questa coerenza interna ad avergli consentito la compensazione, un passaggio psichico per nulla scontato. Quando determinati tratti, come quelli narcisistici e antisociali, prendono il sopravvento, mostrando anche elementi di delirio, è difatti davvero difficile, senza un intervento esterno e specifico, che il contro bilanciamento avvenga da sé.
Per quanto concerne il disprezzo unito alla rabbia indicato in precedenza, emersi anche nel momento in cui parlava del fatto che non ci fosse famiglia russa i cui parenti non avessero combattuto la grande guerra patriottica, si evidenzierebbe come, sfruttando il principio del contrasto, i giudizi morali di condotta verrebbero influenzati strutturando abilmente ciò con cui si confronta. Così, le azioni deplorate da esso stesso, possono essere fatte passare per giuste, contrapponendole a evidenti atti di barbarie.
Le ingenti perdite avute in Ucraina verrebbero nello specifico giustificate con il richiamo al contrattacco agli invasori anche nel lontano passato della Russia, come ad esempio Borodino, su cui, con il linguaggio non verbale mostrerebbe orgoglio, tirando indietro la schiena, aprendo le spalle e alzando la testa, dove erano le truppe napoleoniche ad essere coinvolte, o i richiami all’operazione Barbarossa. Abilmente verrebbero citate le battaglie di Kiev e di Minsk che hanno visto un accerchiamento da parte delle truppe naziste, in particolar modo la città di Kiev, bombardata, distrutta, presumibilmente al fine di rievocare la situazione attuale di Mariupol. In una precedente analisi era emerso come su Mariupol, l’analisi scientifica del linguaggio non verbale, avesse rilevato tristezza in Putin in quanto la città, completamente devastata, non avrebbe potuto prestarsi alla parata del 9 maggio.
Putin, parlando all’Occidente, con il richiamo alla Sacra Patria, consentirebbe agli auditori europei, di evocare visioni patriottiche risorgimentali, richiamando la memoria alla Costituzione degli Stati Sovrani Nazionali (ad esempio, per l’Italia, il rimando al “sacro fiume Piave” o elementi similari). Ciò gli consentirebbe di far aderire anche un pubblico occidentale a una condotta lesiva presentandola come eticamente corretta. Attraverso questo processo la condotta dannosa sarebbe resa personalmente e socialmente accettabile, dipinta a servizio di scopi morali. Non a caso questi elementi verrebbero richiamati anche alla fine del discorso nel momento in cui la visione patriottica verrebbe utilizzata come mezzo per sostenere le truppe, proprio prima dell’istante in cui verrà urlato l’hurrà. Questi processi avrebbero anche la funzione di trovare consensi nella popolazione occidentale filoputiniana, strategia emersa già nella precedente analisi dove il riferimento era invece a Qanon.
In ultimo si evidenzia come Putin starebbe identificando la Russia sempre più in quella che era la vecchia Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, elemento anch’esso già emerso nelle ultime analisi condotte. La sua concezione di unità rimanderebbe a un discorso di estensioni territoriali, aprendo fronti rispetto all’Asia Centrale. Il riferimento sarebbe al tentativo di ricostruire l’identità territoriale dell’ex URSS. Anche qui si ravviserebbe un richiamo ai costrutti morali, pregnanti per Putin, in particolar modo nel momento in cui parla del “degrado morale”. Accortamente richiamerebbe le immagini proposte dai media occidentali consentendo alla mente di rievocare gli accordi intercorsi tra Unione Sovietica e Terzo Reich circa la spartizione dell’Europa Orientale, in particolar modo la Polonia.