martedì, 11 Febbraio 2025
Niasari, Shayda, mia lettera d’amore a donne iraniane
(ANSA) – ROMA, 26 GEN – Più di tutto “questo film è una
lettera d’amore alle madri e figlie, alla cultura, alle ragazze
e le donne coraggiose dell’Iran”. Lo spiega Noora Niasari,
cineasta nata in Iran e cresciuta in Australia, introducendo al
Sundance Film Festival, dov’è in concorso nella sezione
competitiva World Cinema Dramatic, Shayda, la sua opera prima
ispirata dalla storia di coraggio della madre.
“Non avrei mai immaginato che il mio film debuttasse mentre
in Iran è in corso una rivoluzione guidata dalle donne –
aggiunge la regista –. Spero che Shayda possa far brillare una
luce sulla battaglia per la libertà, sulle donne iraniane e su
tutte le donne”. Al centro del racconto, costruito unendo al
dramma famigliare accenni di thriller psicologico, c’è Shayda
(Zar Amir-Ebrahimi, vincitrice nel 2022 della Palma d’oro come
miglior attrice per Holy Spider), giovane iraniana madre di Mona
(Selina Zahednia), bambina di sei anni, che in Australia, trova
il coraggio di lasciare il marito violento, Hossein (Osamah
Sami), studente di medicina all’università di Brisbane. La donna
chiede il divorzio e trova rifugio in una casa per le donne
maltrattate. Madre e figlia devono ricostruire il proprio
quotidiano, trovando nuovi spazi di libertà pur dovendosi
nascondere ed entrando anche in conflitto con la propria
famiglia in Iran che colpevolizza Shayda. Per lei che dal marito
ha subito varie forme di violenze fisiche, torna la paura,
quando a Hossein, durante le procedure di divorzio, viene
concesso il diritto di vedere Mona una volta a settimana.
Occasione che la giovane donna teme Hossein sfrutti per rapire
la figlia e tornare con lei in Iran.
“Cinque anni fa ho chiesto a mia mamma di scrivere un
memoriale per colmare i vuoti nei miei ricordi da bambina e da
quello è nata la prima versione della sceneggiatura – spiega
Noora Niasari -. Per quanto Shayda sia ispirato ad una storia
personale parla all’esperienza universale di trovare il
coraggio, la libertà, di essere una donna e una madre, di
trovare la luce nel periodo più oscuro”. (ANSA).