giovedì, 28 Novembre 2024
Noi paghiamo il gas in rubli ma Mosca espelle i nostri diplomatici
La Russia ha optato per la linea dura sul fronte diplomatico. Mosca ha infatti annunciato l’espulsione di numerosi diplomatici europei: 24 italiani, 27 spagnoli e 34 francesi. “La prima riflessione che viene in mente è che non bisogna assolutamente interrompere i canali diplomatici, è chiaramente un atto ostile anche in risposta alle nostre espulsioni, ma è un atto ostile anche verso l’Unione europea, perché sono stati espulsi anche i diplomatici francesi, spagnoli”, ha dichiarato il presidente del Consiglio, Mario Draghi. “Ma questo”, ha proseguito, “non deve assolutamente portate a una interruzione dei canali diplomartici perché è attraverso quei canali che, se ci si riuscirà, si arriverà alla pace ed è questo che noi vogliamo”. Un “ferma condanna” di quanto accaduto è arrivata anche dalla Francia.
La mossa di Mosca in un certo senso colpisce. Soprattutto nelle ultime settimane, Italia e Francia hanno infatti cercato di portare avanti, all’interno del blocco occidentale, una linea meno dura nei confronti della Russia rispetto a quella auspicata da Gran Bretagna e Paesi baltici. Parigi e Roma hanno mostrato la volontà di un rilancio dei negoziati: una posizione, questa, espressa esplicitamente da Draghi nella sua recente visita a Washington. In secondo luogo, non va neppure dimenticato che, muovendosi nel contesto fondamentalmente ambiguo tracciato da Bruxelles, l’Eni ha annunciato di aver aperto due conti presso GazpromBank, uno in euro e uno in rubli, per effettuare i pagamenti diretti all’approvvigionamento di gas russo. “La decisione, condivisa con le istituzioni italiane, è stata presa nel rispetto dell’attuale quadro sanzionatorio internazionale e nel contesto di un confronto in corso con Gazprom Export per confermare espressamente l’allocazione a carico di Gazprom Export stessa di ogni eventuale costo o rischio connesso alla diversa modalità esecutiva dei pagamenti”, ha fatto sapere la società italiana.
In sostanza, Mosca colpisce diplomaticamente l’Italia, mentre quest’ultima tenta di rilanciare la via dei negoziati e continua ad acquistare gas russo. In altre parole, il Cremlino è perfettamente consapevole della debolezza che investe non solo il nostro Paese ma anche gran parte dell’Unione europea, che notoriamente dipende assai dalla Russia sotto il profilo energetico. Spiace dirlo, ma continuiamo a pagare errori politici e strategici commessi nel corso degli ultimi anni. Invece di muoversi verso una maggiore autonomia energetica, Bruxelles si è persa dietro un ambientalismo ideologico, ingrassando contemporaneamente Mosca di denaro per ottenere il suo gas: una situazione, questa, che dobbiamo in gran parte all’ex cancelliera tedesca Angela Merkel, difesa fino a pochi mesi fa come paladina dell’Ue. Peccato che proprio questo tipo di approccio ha reso quella stessa Ue progressivamente succube di Mosca, con i risultati inquietanti che oggi stiamo vedendo. Vladimir Putin conosce d’altronde molto bene le debolezze strutturali di un’Unione europea internamente divisa e ha tutta l’intenzione di sfruttare tali debolezze: debolezze, tra l’altro, su cui punta anche la Repubblica popolare cinese. La mancanza di un adeguato approccio geopolitico, mostrata negli scorsi anni dalle leadership europee, è alla base delle difficoltà e delle contraddizioni in cui l’Ue si trova oggi. Un’Ue che, al di là della retorica, si sta quindi mostrando significativamente vulnerabile a forze e minacce esterne.
Sotto questo aspetto, sarebbe auspicabile che la Casa Bianca si adoperasse per un rafforzamento del fianco meridionale della Nato, in vista di una stabilizzazione della Libia: scenario, questo, che garantirebbe all’Unione europea una riduzione della dipendenza energetica da Mosca, oltre a un indebolimento della pericolosa influenza sino-russa sull’Africa settentrionale. Il tempo è poco e la crisi ucraina ha colto Bruxelles totalmente impreparata. O si agisce tempestivamente o l’Europa occidentale rischia di continuare a subire le pressioni di Mosca e Pechino. Uno scenario, questo, alquanto indesiderabile.