Parigi: nuoto doping e medaglie, Usa-Cina alta tensione

Non c’è acqua che tenga, il fuoco
sull’asse Usa-Cina non si spegne. La piscina della Defense
Arena, sede delle gare di nuoto ai Giochi di Parigi, rischia di
essere ancora una volta luogo di scontro tra le due
superpotenze: il motivo sempre il doping, perché dei 23 atleti
asiatici finiti nella bufera per la positività alla
trimetazidina ma non sanzionati e in gara a Tokyo tre anni fa,
11 sono ancora regolarmente ai blocchi di partenza. Anche con
ambizioni da medaglia, come Zhang Yufei, regina della farfalla
ma anche specialista nello stile libero. Quanto basta per far
tornare sul piede di guerra gli americani. “Non credo che ci
abbiano dato abbastanza prove per poter difendere il modo in cui
è stata gestita la questione” ha detto Caeleb Dressel, sette
volte medaglia d’oro ai Giochi. Il campione a stelle e strisce è
solo uno dello squadrone Usa a prendere posizione netta,
sottolineando di non avere molta fiducia negli organizzatori di
Parigi di garantire l’equità nel nuoto. Insomma che si tufferà
con il dubbio di gareggiare con atleti dopati.
    Anche Katie Ledecky, sette ori olimpici a caccia di nuovi
titoli nello stile libero, alla vigilia delle gare ha ribadito
il concetto: “Spero che tutti siano puliti in questa settimana,
ma ciò che conta è se si sono allenati senza imbrogli e che
siano stati fatti controlli seri in tutto il mondo”. La vicenda
tirata fuori dal Times e dall’emittente tedesca Ard lo scorso
aprile (i test risalivano al 2021 ma non erano stati resi noti)
è finita sul tavolo dell’agenzia mondiale antidoping che però
non aveva sanzionato gli atleti, accogliendo la tesi dei cinesi.
    La positività alla sostanza vietata era il frutto di una
contaminazione del cibo in un hotel. Tesi questa portata avanti
dall’agenzia cinese e accolta dalla Wada.
    Gli americani, che in piscina come sempre puntano al bottino
pieno, hanno intrapreso una battaglia che è andata ben oltre i
tribunali sportivi parlando di insabbiamento: negli Stati Uniti,
dove è in corso un’inchiesta penale, è stata investita perfino
l’Fbi.
    All’inizio del mese World Aquatics ha fatto sapere che gli
atleti cinesi sono stati sottoposti a test antidoping più di
altri nell’avvicinamento alle Olimpiadi: dal primo gennaio sono
stati 2.145 i test antidoping effettuati dall’International
Testing Agency sugli atleti che partecipano ai Giochi, a cui
vanno aggiunti quelli fatti fatti da altre organismi per un
totale di 4.774 test. Chi partecipa ai Giochi è stato testato
circa 3-4 volte, di più rispetto alle precedenti edizioni di Rio
e Tokyo. E non sono emerse positività. Il presidente di World
Aquatics Husain Al-Musallam ha respinto i sospetti degli
americani e di Dressel in particolare: “Abbiamo fiducia nel
lavoro svolto da diversi esperti, atleti e comitati indipendenti
– ha affermato -.Tutti sono giunti alla stessa conclusione.
    Ogni atleta presente ai Giochi è stato testato. Ci dispiace
sentire un atleta come Caeleb affermare queste cose. Dobbiamo
guardare avanti e riconquistare la fiducia sua e degli altri
atleti che la pensano come lui”. Gli Usa non arretrano, con la
Cina è sempre alta tensione.
   

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