domenica, 24 Novembre 2024
Per il tumore di Schillaci 50mila nuove diagnosi l’anno
Il tumore del colon, da cui è stato colpito Totò Schillaci, è la terza neoplasia per incidenza dopo quella alla mammella e alla prostata, e ogni anno si verificano in Italia circa 50mila nuove diagnosi (27mila uomini e 23mila donne). “Il 65% dei pazienti è vivo a 5 anni dalla diagnosi e molto dipende da quando viene individuato”. Lo spiega all’ANSA Andrea Anderloni, direttore della Struttura complessa di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva presso la Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, che sottolinea: “i fattori di rischio sonoprevenibili se si incide sulle abitudini di vita e si partecipa agli screening”.
Lo screening attraverso la ricerca del sangue nelle feci e la colonscopia “hanno fortemente ridotto negli ultimi dieci anni la mortalità”, precisa Anderloni che è anche consigliere dell’Associazione Italiana Gastroenterologi ed endoscopisti digestivi Ospedalieri (Aigo). Il tumore del colon infatti nasce su polipi, ovvero escrescenze della parete intestinale che inizialmente sono benigni. “Quindi è importantissimo toglierli subito prima che degenerino in formazioni maligne”. I fattori di rischio noti sono alcol, fumo, eccesso di consumo di carni rosse e insaccati, sovrappeso, obesità e vita sedentaria, “ovvero tutte variabili su cui possiamo agire”. Ma oltre a questi c’è una componente genetica che impone a chi ha casi in famiglia di effettuare controlli più precoci: per chi ha forte familiarità già a 40 anni, per la popolazione normale a 50 anni”.
In Italia ci sono programmi di screening regionali che prevedono la ricerca del sangue fecale e successivamente la colonscopia (che permette di individuare e rimuovere subito le lesioni precancerose) ma, sottolinea Anderloni “l’adesione varia molto da regione a regione può essere molto migliorata”. Oltre alla presenza di sangue nelle feci, tra i sintomi da monitorare ci sono calo di peso immotivato, dolore addominale persistente, modificazione dell’attività intestinale, anemia. La terapia, conclude l’esperto, “è endoscopica o chirurgica e, se è in stati avanzati, va unita a chemio e radioterapia. Ma la ricerca sta facendo passi importanti per trattamenti sempre più personalizzati”.
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