venerdì, 22 Novembre 2024
Perché i G.I. Joe come Snake Eyes sono figli della Marvel (e dello SHIELD)
No, non è stata la Marvel a creare il brand G.I. Joe, ma è stata la Casa delle Idee a dar vita allo scontro senza fine con i Cobra, e a immaginare i G.I. Joe per come li conosciamo oggi. Snake Eyes, Storm Shadow, Cobra Commander e tutti gli altri. Facendo di necessità virtù per quell’incarico esterno piovuto in redazione all’improvviso, e cioè riciclando un’idea rimasta nel cassetto per una serie a fumetti legata allo S.H.I.E.L.D. Sì, esatto: magari non ve l’avevano mai detto, ma Nick Fury e il ninja Snake Eyes sono in fondo parenti alla lontanissima. E tutto è nato per un incontro casuale in un bagno.
ACTION FIGURE, ACTION MAN, BIG JIM
Facciamo un salto indietro nel tempo, fino al 1964, il giorno in cui viene coniato per la prima volta il termine “action figure”. Un parto creativo che dà una risposta a un problema per nulla secondario: come chiamiamo quello che è essenzialmente un bambolotto militare, senza chiamarlo bambola? Un tizio di New York City di nome Stanley West immagina un manichino che può indossare varie uniformi militari – praticamente la declinazione per maschietti della Barbie, lanciata da Mattel nel ’59 – e vende l’idea alla Hasbro, un’azienda nata negli anni 20 a Providence, Rhode Island. Proprio ai tempi in cui un loro noto concittadino si dedicava ai miti di Cthulhu, tre fratelli di origini polacche avevano creato la Hassenfeld Brothers (nome poi contratto in Hasbro), per vendere materiale scolastico. Negli anni Quaranta, l’attività principale dell’azienda erano diventati i giocattoli, e altri due decenni più tardi, c’è da sfruttare questo prototipo comprato da Weston. Dei bambolotti militari alti 30 cm, da non chiamare bambolotti.
I primi quattro modelli realizzati hanno inizialmente ciascuno un proprio nome: il marine Rocky, il marinaio Skip, il pilota Ace… Poi però la Hasbro decide di adottare un nome unico per la linea, “G.I. Joe”, che indicava un generico soldato americano. La sigla G.I., nello specifico, stava per “Government Issue” ed era utilizzata sul materiale bellico statunitense già nella Prima Guerra Mondiale. Il packaging e le prime pubblicità presentano la linea come “G.I. Joe: America’s Movable Fighting Man”.
SOLDATI SFREGIATI
Le prime “action figure” della storia del giocattolo riscuotono molto successo, e ne nascono diverse imitazioni. A distinguere gli originali c’è però una cicatrice sullo zigomo destro dei bambolotti: non era possibile registrare il concetto di action figure, ma un volto specifico sì. Un’altra caratteristica, l’unghia del pollice sagomata sul lato inferiore del dito anziché quello superiore, era nata come un errore. Ma Hasbro aveva deciso di lasciare il dito com’era, come ulteriore elemento di differenziazione dai cloni.
E anche se nel corso del tempo il tono militare viene smorzato a favore di un’ambientazione più generica da “avventuriero” (negli anni delle proteste per il Vietnam non pagava vendere un bambolotto militare…), la produzione di nuovi modelli dei G.I. Joe continua ad andare avanti per tutti gli anni Sessanta e Settanta. I Joe approdano anche su licenza in molti altri paesi, come Giappone, Australia, Messico, India… Nel Regno Unito diventano Action Man, quello che nei giocattoli e cartoon degli anni Novanta sarà “il più grande degli eroi”. In Italia, Polistil aggiunge a figure e accessori il marchio “Action Team”.
E visto che tutti vogliono questi pupazzi pronti all’azione, anche la Mattel si accoda, creando nel ’72 Big Jim. Un giocattolo in tutto e per tutto simile ai G.I. Joe avventurieri dell’epoca, ma leggermente più basso (25 cm). Pronto a diventare un agente segreto, un calciatore, uno scalatore o tutto quello che c’era da fare, e destinato a un clamoroso successo, soprattutto nel mercato europeo.
ENTRA IN SCENA LA MARVEL
Torniamo alla Hasbro. Nel ’76 è terminata la produzione dei modelli da 30 cm, la linea chiamata “G.I. Joe Adventure Team”, con i suoi colpi da kung-fu e i bambolotti con “i capelli veri”. Per rilanciare i G.I. Joe all’inizio degli anni 80, Hasbro decide innanzitutto di passare a una scala molto più piccola, dei pupazzetti alti meno di un terzo degli originali, 3,75 pollici (cioè 9 centimetri e mezzo). La scelta è ovviamente influenzata dal boom pazzesco delle action figure di Star Wars della Kenner, ma l’idea è quella di rendere queste figure molto più snodate, come i Micronauti Mego, basati a loro volta sui Microman di Takara.
La seconda idea di Hasbro rivoluzionerà il mondo del giocattolo degli anni 80 e a seguire: far accompagnare il lancio di una nuova linea di toys da un fumetto e un cartoon che diano a quei giocattoli una storia più articolata, dei personaggi a cui affezionarsi. Fungendo da cassa di risonanza e spottone continuo, e facendo vendere così molti più pupazzetti. La Mattel, anche qui, si accoderà con i Masters of the Universe e altre serie. Serve però chi s’inventi una storia che faccia da sfondo al tutto. La Hasbro si rivolge perciò alla Marvel Comics, creando un sodalizio che proseguirà poco dopo – con le stesse dinamiche – anche per i Transformers.
Jim Shooter, l’allora editor-in-chief della Marvel, racconterà che a un evento di beneficenza si erano incontrati il presidente di Hasbro e quello della casa editrice. Più precisamente, si erano incontrati nel bagno degli uomini, trovandosi, uh, uno accanto all’altro. E mentre erano intenti ad espellere dei liquidi in eccesso, i due manager avevano iniziato a chiacchierare dei loro affari e il presidente Hasbro aveva accennato a questo rilancio in cantiere per i G.I.Joe. L’altro, a quel punto, aveva colto subito l’occasione, invitandolo a rivolgersi alla Marvel: “Abbiamo i migliori creativi del mondo. Ci pensiamo noi!”
I FIGLI DI NICK FURY
I G.I. Joe che conosciamo oggi sono frutto delle idee, essenzialmente, di tre persone. Lo stesso Jim Shooter propone che G.I. Joe sia il nome non più di un singolo eroe poliedrico e dai tanti volti, ma di una squadra d’azione impegnata contro il terrorismo. Archie Goodwin inventa i nomi Cobra e Cobra Commander (da noi Comandante Cobra), e Larry Hama fa praticamente tutto il resto. Sceneggiatore poi noto anche per una lunga run su Wolverine, Hama era stato in Vietnam tra il ’69 e il ’71 e aveva la giusta esperienza militare. Gli viene assegnato così il compito di occuparsi di questo fumetto dei G.I. Joe, e di sviluppare storia e personaggi che fungeranno da background per la nuova linea di giocattoli. Un progetto che a nessuno, lì alla Marvel, sembra andare a genio: Shooter è arrivato a Hama perché tutti gli altri hanno rifiutato.
E Hama si mette a scrivere, riciclando innanzitutto un’idea che aveva nel cassetto, per una serie spin-off dello S.H.I.E.L.D. Questa serie avrebbe dovuto intitolarsi Fury Force e raccontare le avventure del figlio di Nick Fury, alle prese con i terroristi dell’Hydra. A quel punto, bastava piazzare i G.I. Joe al posto della squadra di elite di Fury Jr. e i Cobra al posto dell’Hydra, ed era fatta…
UN SUCCESSO COSTOSISSIMO
È Larry Hama, in quegli anni, a scrivere anche buona parte dei testi che appaiono sul retro delle card della linea di giocattoli G.I. Joe: A Real American Hero, oltre a un’infinità di numeri del fumetto omonimo pubblicato dalla Marvel. L’albo andrà avanti fino al ’94, in parallelo ai pupazzetti, accumulando 155 uscite e diventando a metà anni 80, anche grazie alla sinergia con il cartoon dei G.I. Joe, una delle pubblicazioni Marvel più venduti. Nel 1985, vendeva oltre 330mila copie al mese ed era il fumetto Marvel più venduto in assoluto in abbonamento. La redazione della casa editrice riceveva ai tempi una media di 1.200 lettere al mese scritte dai giovani fan, e c’era chi le leggeva tutte e rispondeva personalmente ad almeno 50-100 a settimana. Sì, era sempre Larry Hama.
Un successo generato anche da una scelta strategica di Hasbro e Marvel, quella di pubblicizzare il fumetto in TV (era la prima volta per i comics) prima della linea di giocattoli stessa, perché le leggi sulle pubblicazioni erano meno restrittive sui secondi di animazioni impiegabili nello spot di un giocattolo. Tradotto: usando il fumetto, hanno potuto realizzarne senza problemi uno spot interamente animato di mezzo minuto, con la sigla del cartoon e animazioni realizzate dallo stesso studio. Il cartone animato dell’83 era co-prodotto dalla stessa Marvel, attraverso la sussidiaria Marvel Productions, che a detta di Shooter spese però troppo nella creazione della serie animata, dando vita a un successo di pubblico… “disastroso però per le casse dello studio”.
SNAKE EYES VS STORM SHADOW
Libero di gestire a piacimento i personaggi e chiamato a crearne di nuovi a getto continuo, intanto, Larry Hama assegna motivazioni e caratteristiche a eroi e villain di G.I. Joe: A Real American Hero, ad esempio basando la personalità di Scarlett su quella di sua moglie, raccontando la rivalità tra i ninja Snake Eyes e Storm Shadow, rendendo la Baronessa la femme fatale dei Cobra e così via. Se da ragazzini vi divertivate con i giocattoli dei G.I. Joe, se siete tra quelli che aspettano il nuovo film di Snake Eyes prodotto da Paramount, o se andate in giro con una maglietta con il logo dei Cobra, il merito, in buona parte, è di Hama. In un’intervista del 1986, Hama spiegava che una buona fetta di tutte quelle lettere che arrivavano in redazione erano di lettrici del fumetto dei G.I. Joe. Giovani madri che guardavano il cartoon con i figli e si erano interessate anche al mensile, ma soprattutto bambine che trovavano le eroine del cartoon toste e determinate.
Sono anche gli anni in cui un wrestler dell’allora WWF (oggi WWE), Sgt. Slaughter, diventa un personaggio della linea di giocattoli, del cartoon e del fumetto dei G.I. Joe. E il vero Sgt. Slaughter (Robert Rudolph Remus) lo doppia nella serie animata e diventa pure uno dei protagonisti del film dell’87 G.I. Joe: The Movie. Ma quella è un’altra storia…