Prematuri, meno rischi per vista con trasfusioni sangue cordone

Funzionano le trasfusioni di sangue
cordonale ai nati prematuri: aumentando i livelli di emoglobina
fetale, aiutano a prevenire la retinopatia che è una grave
conseguenza della prematurità che può pregiudicare gravemente la
vista del bambino. È quanto emerge dai risultati preliminari
dello studio italiano multicentrico BORN (umBilical blOod to
tRansfuse preterm Neonates), spiega Luciana Teofili, direttrice
della UOC Emotrasfusione Policlinico Gemelli IRCCS e docente
all’Università Cattolica di Roma, che ha coinvolto otto banche
del cordone e otto unità di terapia intensiva neonatale. Sono
stati coinvolti 146 neonati prematuri (nati dalla 24° settimana
in su), assegnati in maniera casuale a due gruppi: il primo
riceveva il supporto trasfusionale standard (sangue adulto),
l’altro quello con globuli rossi da cordone, fino alla 32esima
settimana di età post-concepimento (es. un neonato nato a 26
settimane, riceveva queste trasfusioni per 6 settimane).
    Obiettivo dello studio era valutare nei due gruppi la frequenza
di retinopatia severa, il livello ottimale di emoglobina fetale
per prevenire la retinopatia grave, e l’impatto delle
trasfusioni di sangue cordonale sulle altre patologie associate
alla prematurità. “Abbiamo pubblicato sull’Italian Journal of
Pediatrics l’analisi intermedia di sicurezza sui primi 58
pazienti, che dimostra come le trasfusioni di sangue cordonale
siano sicure e associate a un minor numero di eventi avversi
rispetto a chi veniva trasfuso con sangue dell’adulto”, spiega
Teofili. “A breve avremo i dati completi dello studio, ma già da
quelli preliminari emerge che i bambini che ricevono solo
trasfusioni di sangue cordonale hanno una ridotta incidenza di
retinopatia severa”.
    Le trasfusioni di sangue da cordone vengono preparate a
partire dalle unità di sangue cordonale donate alle Banche del
Cordone pubbliche (come la Banca UNICATT, presente all’interno
del Gemelli). “L’unità di sangue di cordone ombelicale raccolta
in sala parto – spiega Teofili – viene inviata al centro
trasfusionale, dove viene filtrata per rimuovere i globuli
bianchi, centrifugata e sottoposta alla scomposizione dei suoi
costituenti (plasma, piastrine e globuli rossi). Dopo aver
effettuato tutti gli esami previsti per le trasfusioni di
sangue, l’unità viene assegnata al piccolo che ne ha bisogno.
    Per trasferire questo approccio dalla ricerca alla pratica
clinica occorre espandere la pratica della donazione del sangue
di cordone ombelicale, conclude.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Leggi su ansa.it