Prepariamoci alla Repubblica di Fedez

«Più smalto per tutti. Sia per le donne che per gli uomini». Già ce lo immaginiamo, lo slogan portante del programma politico di Fedez. E magari Ddl Zan in Costituzione, Sara Ferragni sottosegretario alla presidenza, J-Ax alla Farnesina, Orietta Berti ai Beni Culturali, Achille Lauro agli Interni e il consiglio dei ministri che si svolge rigorosamente in diretta Instagram. Con i decreti legge approvati sulla base del numero di like ricevuti. L’inno nazionale, probabilmente, verrà riarrangiato da un deejay in stile rap, con qualche piccola modifica al testo, per renderlo più politically correct: “Fratelli e sorelle d’Italia…”.

Sembra la riedizione di un romanzo orwelliano, ma l’immaginazione non può che correre veloce di fronte all’eventualità che Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, possa davvero scendere in campo. L’annuncio dell’acquisto di un dominio dal nome più che allusivo, “fedezelezioni2023.it” da parte della sua società Zdf, ha di per sé causato sconcerto e scompiglio. La cosa curiosa è che molti politici ci stanno credendo davvero, e alcuni sono quasi intimoriti al pensiero che l’intellettuale in short possa convertire i suoi followers in voti. Come se il passaggio fosse automatico.

Già il fatto che la politica italiana tremi di fronte alla semplice possibilità di vedere Fedez candidato, la dice lunga sullo stato di salute dell’attuale sistema democratico. Che certo non ha bisogno di ulteriori saltimbanchi duepuntozero, dopo le ferite inferte dalle disavventure di Beppe Grillo. Per carità, fa parte della normale vita democratica il fatto che ogni tanto spunti nell’arena politica un outsider: un attore, un comico, un personaggio del jet set che salta sulla giostra per qualche tempo. Ma se dovesse diventare la regola, allora dovremmo rassegnarci al fatto che la macchina democratica italiana è seriamente in panne.

Ma torniamo sulla terra e usciamo dai sogni. C’è una buona probabilità che la trovata di Fedez sia soltanto una machiavellica operazione di marketing. Segno che per Fedez, la politica, al di là delle polemiche con Salvini e delle intemerate sull’importanza dei diritti civili, si riduce a un gigantesco spot. Un’occasione per arrotondare. Per far parlare di sé. Per monopolizzare il discorso pubblico. Magari per lanciare un nuovo prodotto, una nuova canzone, un nuovo album. Vedremo gli sviluppi, con un filo di apprensione. Una volta ci si lamentava della la cosiddetta “politica-spettacolo”: oggi esiste solo lo spettacolo. La politica resta al traino del primo che passa. In questo caso, del primo che canta.

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