Preziosi, il mio Lear sul confronto tra padre e figlia

(di Francesca Pierleoni) Un adattamento del Re Lear “dove non
muore nessuno”, o quasi, “che vuole essere principalmente
l’incontro tra padre e una figlia. Dove la maturità di cui si
parla come necessario anello di sviluppo della vita, consiste
nel tentativo, prima ancora di essere re e padri, nel cercare di
essere uomini. Un viaggio che credo fosse giusto compiere a 50
anni”. Così Alessandro Preziosi, spiega all’ANSA la messa in
scena dall’opera shakespeariana, come regista e protagonista
prima in teatro e adesso nel docufilm Aspettando re Lear,
prodotto da Patofilm in associazione con Luce Cinecittà in
collaborazione con Rai Cinema che debutta alla Festa del Cinema
di Roma.
    Al suo fianco oltre ad attori tutti con più ruoli, come Nando
Paone, la straordinaria Federica Fresco (per Cordelia e le
sorelle ‘traditrici’), Roberto Manzi e Valerio Ameli c’è la
straordinaria presenza di Michelangelo Pistoletto. Una
partecipazione che in scena, passa per le opere, usate da
scenografia del maestro dell’arte povera, e nel docufilm (che
alterna le scene dello spettacolo, le prove e percorsi
originali) si completa con un dialogo su crescita giovinezza,
maturità e rinascita. “Ho sempre realizzato degli spettacoli, da Don Giovanni e
Cirano, a Van Gogh. che a differenza del loro epilogo testuale
offrissero una speranza – aggiunge Preziosi, presente alla Festa
del Cinema di Roma anche come interprete di La città macchina di
Dario Biello -. In questo caso i protagonisti della storia,
padre e figlia, decidono di confrontarsi finalmente, sui temi
importanti della vita”. L’arte “per me nella sua forza
liberatoria, dal punto di vista emotivo e culturale, deve farti
sentire meglio, più felice, farti tornare a casa pieno, perché
libera qualcosa dentro di te – osserva l’attore e regista, che
spera anche di realizzare un progetto in questo senso su Lettera
al padre di Franz Kafka – Con la speranza poi che a spettacolo
finito, si voglia continuare quel viaggio. Ricordo ad esempio
che quando mia figlia ha visto la preview del documentario, si è
scoppiata a piangere perché ha capito, da ragazza di 18 anni, quali margini ci possono essere nel rapporto padre – figlio”.
    Oggi i ragazzi con i genitori “parlano sempre di meno,
preferiscono forme di dialogo digitalizzato. Questo spettacolo
vuole anche dare la possibilità di offrire un confronto”. Il
coinvolgimento in Aspettando Re Lear di Pistoletto è nato in
modo casuale: “Io facevo le prove al Chiostro del Bramante, dove
lui aveva una sua personale. Ci siamo incrociati un paio di
volte, alla terza, ci siamo fermati e lui mi ha offerto di
utilizzare le sue opere… è stata per me una grande
responsabilità”. Poi per l’intervista nel documentario “nelle
sue risposte è stato di una pertinenza incredibile, spiegando
come anche a 90 anni, attraverso l’arte riesca a rigenerarsi
sempre in qualcosa di nuovo”.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Leggi su ansa.it