Pupi Avati raccontato da Massimiliano Perrotta

MASSIMILIANO PERROTTA, PUPI AVATI –
FUORI DAL CINEMA ITALIANO (EDIZIONI SABINAE, PP. 93, EURO 13)
Nel corso della carriera ha esplorato vari generi, dalla
commedia all’horror, dal dramma al biopic storico. ‘La casa
dalle finestre che ridono’, ‘Impiegati’, ‘La cena per farli
conoscere’, ‘Il papà di Giovanna’, ‘Gli amici del bar
Margherita’, ‘Dante’ sono alcuni titoli della filmografia di
Pupi Avati, regista dalla “inconfondibile cifra stilistica e una
personale chiave di lettura del mondo”, commenta Massimiliano
Perrotta, regista, scrittore e critico culturale, che in questa
breve monografia, uscita per Edizioni Sabinae, passa in rassegna
le opere del cineasta bolognese. Un omaggio a un autore che è “fuori dal cinema italiano”, osserva Perrotta e aggiunge:”Nella
sciatteria generalizzata del cinema odierno, suona paradossale
che Pupi Avati non venga acclamato come il piccolo grande
maestro che è”. La poesia è elemento cardine delle pellicole di
Avati, ricorda Perrotta. In una scena di ‘Storia di ragazzi e di
ragazze’ una madre mentre sta per imbarcarsi per l’America con i
suoi tre figli, alla ricerca di fortuna, s’imbatte a Genova in
una pasticceria, resta incantata insieme ai bambini davanti alla
vetrina, ammirano una torta gigantesca a forma di nave. I bimbi
muoiono dalla voglia di prenderla, il dolce costa ben due lire
che è tutto quello che la donna ha in tasca. Però non indugia,
decide di comprarla ugualmente, anche se dopo resterà senza
soldi:”Per Avati la vita è mangiare una costosissima torta a
forma di nave sperando che porti fortuna”. Il libro traccia
anche un ritratto privato del cineasta che abita “in una bella
casa che sa di antico” vicino Piazza di Spagna, è un uomo dai “modi affabili e un carisma non ostentato” e recentemente si è
appassionato al calcio. Nel primo capitolo viene raccontato un
episodio riguardante il giovane Avati che a Roma frequentava il
salotto culturale di Laura Betti, attrice e amica di Pasolini.
    All’epoca Avati era “un regista in erba dall’incerto avvenire” e
lei “lo aveva preso in simpatia”. Una sera però calò il gelo,
quando Pupi disse di essere democristiano:”In quel consesso
erano tutti comunisti o extraparlamentari di sinistra, tutti
accomunati dall’odio verso la Democrazia Cristiana”. Questo
evento, spiega Perrotta, determinò il futuro del cineasta:”Fu
quella sera che Pupi trovò il coraggio di affermare la propria
personalità, prendendo una posizione eterodossa dunque scomoda,
collocandosi ai margini del mondo culturale italiano. Una scelta
di autoemarginazione che nei decenni successivi gli garantirà
libertà intellettuale e indipendenza artistica”, scrive
Perrotta.
   

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