mercoledì, 12 Febbraio 2025
Pupi Avati, torniamo a realizzare l’improbabile
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“Perché sono venuto? Perché in 54 anni di attività cinematografica è la prima volta che una manifestazione politica mi invita per sapere cosa penso. Non era mai accaduto, e sì che di ministri in 54 anni ne abbiamo avuti tanti”. Inizia così il lungo racconto del maestro Pupi Avati, salutato da una platea tutta in piedi, alla festa per il decennale decennale di Fratelli d’Italia, in corso a Roma.
“Qui credo proprio di essere il più anziano. Nessuno ha più di 84 anni, vero? – chiede – Beh, in questi anni ne ho viste molte di cose e di governi cambiare. E ho sentito usare la parola ‘cultura’ sempre in modo molto generico. Almeno il 70% dei film che si fanno, invece, non sono cultura, ma commercio, mercato, rassegnazione alle mode. Possiamo dire che negli ultimi vent’anni il cinema italiano ha espresso solo film ‘carini “, prosegue, ricordando come al cinema sia arrivato “tardi e per caso”.
“Volevo diventare un grande jazzista, ma nella mia band come secondo clarinetto a un certo punto arrivò un certo Lucio, Lucio Dalla – dice – E quando comunicai agli altri che avrei smesso, nessuno mi trattenne. Fu così che affrontai la vita. Oggi che sono in prossimità dei miei titoli di coda, so bene cos’è. Andai a vendere i bastoncini Findus, ne diventai il campione d’Italia.
Poi, incidentalmente, entrai in un cinemetto e vidi 8 1/2 di Fellini. Quel film mi fece capire cos’era il cinema. Convinsi tutti gli amici del bar Margherita ad andarlo a vedere e poi a farne uno tutti insieme. Sembravo Gesù con gli apostoli. Eppure, c’è stato un momento in cui in questo Paese le cose nascevano così”.
Oggi, invece, prosegue, “quando vado nelle scuole di recitazione, spesso i ragazzi mi dicono: ‘tanto ho un piano B’.
E io so già che nessuno di loro realizzerà il grande sogno. In questo Paese bisogna tornare a immaginare le cose impossibili, realizzare l’improbabile. Per fare il mio film su Dante ho impiegato vent’anni. Ma da venditore di bastoncini ho fatto 54 film, ne ho scritto uno per Pasolini, sono diventato amico di Fellini, autore di libri. E non sapete ancora quello che farò! Dobbiamo tornare – esorta – non dico a essere sessantottini, ma ad avere un po’ di sfrontatezza e soprattutto ridare ai ragazzi un po’ di coraggio. Ognuno di loro ha qualcosa di straordinario da dire e da fare. Io sono riconoscente a quelle 54 persone alle quali per 54 volte ho detto ‘con questo film vinceremo l’Oscar’.
Non l’abbiamo mai vinto ma mi hanno sempre permesso di realizzare quel film”.
Quanto all’oggi, conclude Avati, “alla mia età hai sempre a che fare con l’anagrafe. È il primo dato che mi raggiunge la mattina , quando mi sveglio quattordicenne e dopo due minuti scopro che ho compiuto 80 anni. E’ un risveglio non facilissimo.
Però mi ricordo anche che Picasso diceva una cosa curiosa, carina e incoraggiante. Che ci vogliono molti molti anni per diventare i giovani. E io, lo sto diventando”.