martedì, 11 Febbraio 2025
Rick and Morty Stagione 5 (ciò che uno si aspetta da)
C’è confusione. E probabilmente sarà perché ti amo, come recitava un celebre gruppo di poeti esattamente quarant’anni fa. C’è confusione su quello che Rick and Morty, una delle serie d’animazione più amate e celebrate e trasformate in pupazzame (a foggia di cetriolo e non) degli ultimi anni, dovrebbe fare, dire, rappresentare. Quel che intendo dire è che tante produzioni accostabili, per un verso o l’altro, a questo show animato per adulti, sono più facili da classificare. Con Rick and Morty non è così. E dopo una quinta stagione comunque più apprezzata, da quel che si legge e sente in giro, della quarta (e lo leggerete anche qui e lo sentirete pure da me se provate a chiedermelo), tanti sembrano aspettarsi cose diverse. Magari proprio una serie diversa.
AI CONFINI DELLA REALTÀ SU UN TARDIS CON DEL VOMITO DENTRO
Esempio facile: per quanto fossero sbalorditive le trovate di una serie meravigliosa (ripetiamolo: meravigliosa) come Bojack Horseman, sapevi da principio che il suo scopo era farti ridere, per poi strapparti il cuore dal petto e gettarlo via. Facendoti pronunciare, con un magoncino di lana annodato alla gola, quel “That’s too much, man”. Ma con Rick and Morty non funziona così, dicevamo. È una serie di fantascienza pura, che rielabora, mastica e digerisce a modo suo alcuni grandi classici del genere, topos narrativi come le realtà parallele, il tempo che scorre in modo diverso altrove, popolazioni mutanti sotterranee e praticamente tutto il resto. Il figlio illegittimo tanto di Ai confini della realtà quanto di Doctor Who, le due serie in assoluto più omaggiate – accanto alla saga di Ritorno al Futuro, chiaramente, visto che il tutto è nato come una parodia proprio delle avventure di Doc Brown e Marty McFly – dalla creatura di Justin Roiland e Dan Harmon. E allora c’è chi da ogni episodio di Rick and Morty si aspetta questo: una trovata brillante, una trama densa di colpi di scena continui, un ininterrotto mindfuck di spiegazioni assurde ma coerenti, snocciolate da Rick Sanchez tra un burp e l’altro. Con lo spettatore, incarnato da Morty, che prova a stare al passo. E Nolan muto. A braccia conserte.
Ma Rick and Morty è anche una serie comica, dall’umorismo super-scatologico, in cui si ride per culi, tette da gomito, scurrilità di ogni tipo. E allora c’è chi si lamenta se un episodio fa ridere meno, se non è abbastanza saturo di battute che funzionano. Ed è anche una serie in cui i suoi personaggi, sia pur lentamente, crescono. Stagione dopo stagione, li vediamo trasformarsi, e non solo perché Rick ora vomita molto meno. Morty, per dire, riesce in questa quinta stagione ad essere cazzuto, soffre (come una bestia) per amore, prende le sue decisioni. E sì, continua a generare minacce planetarie per colpa dell’autoerotismo, ma sapete come sono fatti ‘sti ragazzini, no? Lo stesso vale per Summer, per Beth, per… no, Jerry resta un bamboccione e una mente semplice, ma ha il suo momento anche lui. A modo suo. E allora c’è chi, in virtù di questa crescita e per velocizzarne il passo, vuole più trama orizzontale, uno sviluppo più consistente e rapido dei vari personaggi.
E probabilmente c’è anche chi, in aggiunta a tutto ciò, vorrebbe pure un gioco e del cioccolato. Visto? Non è semplice. Dai tanto, il pubblico si aspetta tanto, ma in modo diverso.
OLTRE IL NICHILISMO DI RICK SANCHEZ
La quarta stagione aveva fatto inarcare ben più di un sopracciglio, perché piuttosto piatta, con l’eccezione di alcune puntate (The Old Man and the Seat, aka Il vecchio e il water, ad esempio). Il che non era un gran bel segnale per una serie che tre anni fa è stata rinnovata per altri 70 episodi. Il livello medio in questa quinta stagione è invece, decisamente e fortunatamente, più alto. Quasi tutti gli episodi sono godibili, fatti salvi magari un paio. In buona sostanza, se è vero com’è vero che a posteriori mi riesce facile giudicare una serie sulla base del numero di puntate che riesco a ricordarne chiaramente, è facile che le proporzioni si siano invertite rispetto alla season precedente. Anche, magari, in virtù del fatto che qui c’è il trucco.
Quando scorro l’elenco degli autori degli episodi di Rick and Morty, in quella selva di titoli parodia di film e serie TV, mi imbatto spesso in un paio di nomi, che ne hanno curato la sceneggiatura. Quelli scritti da Jeff Loveness, ad esempio, lo sceneggiatore del prossimo Ant-Man and the Wasp: Quantumania. Come il primo e l’ultimo di questa stagione, che sono anche i miei preferiti. Ecco, Rick and Morty 5 ha questa cosa furba che il meglio – a giudizio di chi scrive, s’intende – te lo mette all’inizio e alla fine. Si apre con il botto, con una puntata splendida come Mort Dinner Rick Andre (La Morty-cena con André), con il suo Mr. Ninbus che blocca la polizia e quel finale strepitoso, difficilmente superabile da, beh, qualsiasi cosa, per quanto è coraggioso e folle. E si chiude con una come Rickmurai Jack, che riprende i Rick della Cittadella, riannoda un grosso discorso lasciato in sospeso e risponde anche a chi si lamentava della struttura troppo simile delle avventure di nonno e nipote. Ma anche l’episodio con le famiglia esca (il secondo), con quel susseguirsi di smascheramenti alla Scooby-Doo a rotta di collo, è davvero notevole. Parti benissimo, ti adagi su quello che c’è in mezzo, ti aspetti il botto alla fine. E arriva.
E durante il viaggio ti accorgi, dicevamo, che Morty è maturato e che quello di Rick non è più solo “un fart-joke avvolto nel nichilismo”, come si portava definire questa serie quando è nata.
ALTRA FRUTTA PER IL FRULLATORE POP
Poi c’è il resto, e cioè le mille influenze della cultura pop lanciate nel mix. Ma la cosa apprezzabile di Rick and Morty è che nel citare qualsiasi cosa, nel buttare nel calderone tutti quegli omaggi e prese per i fondelli (spesso le due cose insieme) a film, serie TV, cartoon e videogame, non si limita a metterli lì. Roiland, Harmon e tutti gli altri sono quarantenni come me, hanno vissuto più o meno lo stesso tipo di bombardamento televisivo. E tutto quello ora possono non solo metterlo in bella mostra nel loro show, ma costruirci attorno intere storie. Tanto qui limiti non ce ne sono: se puoi giocare – più volte – con Gesù e sparare un bambino incestuoso gigante nello spazio, puoi farlo. Puoi fare grosso modo tutto. E allora da Voltron/Golion nasce GoTron, e un certo cartoon ecologista del passato viene preso in giro con classe. Giusto per citare due degli spunti più evidenti, in una serie in cui può saltare fuori all’improvviso un warthog di Halo o una serata al bar con i supplizianti di Hellraiser.
Si ride di meno, in questa stagione 5 di Rick and Morty? Probabilmente sì. E il finale è decisamente serio. Ma succede perché c’è anche tanto altro, e questo ci riporta al problema di messa a fuoco di cui sopra, alle prospettive diverse. Cosa mi aspetto, personalmente, da Rick and Morty? Da un nuovo episodio e una nuova stagione di Rick and Morty? Che continui a stupirmi, infilando in venti minuti tutto quello che agli autori passa per la mente. Zippando il tutto fino a non lasciare neanche un secondo vuoto. In una serie in cui si ride, ci si rattrista, ti chiedi in continuazione come facciano anche solo a pensarle certe cose, e ti ritrovi magari un po’ così, in compagnia dei Queen, davanti a una crocifissione in un mondo lontano.
Certo, continuare a farlo per tanti altri – quanti, ne restano? Cinquanta? – episodi, non sarà affatto semplice. Di spunti sci-fi se ne sono saccheggiati già un multiverso, i personaggi del cast e i comprimari non sono tantissimi, le possibili combinazioni non appaiono infinite. Ma è quello che si diceva anche dopo la stagione 4, e la 5 ha saputo fare molto meglio.
E allora speriamo di essere ancora stupiti. E confusi, come dicevano i tre poeti sulla scia del maestro Ghinazzi.