Salto in lungo senza ‘stacco’, Carl Lewis guida rivolta

Una pallacanestro con i canestri più ampi, così che tutti possano riuscire in un tiro da tre. O il calcio con la porta più alta, perché si facciano più gol.

Nello sport sempre più alla ricerca di novità-spettacolo (anche se quello del basket è copyright polemico di Carl Lewis) sono solo fantasie: se però a voler rivoluzionare la propria natura è il salto in lungo, la disciplina che si dice olimpica dal 1896, quella in cui hanno eccelso campioni come Bob Beamon e il ‘Figlio del Vento’, e di cui il fenomeno del futuro sembra essere l’azzurro Mattia Furlani, 19 anni e già bronzo olimpico a Parigi, ecco che è rivolta mondiale. “L’abolizione della pedana di stacco è una stronz…Se la fanno, cambio sport. E faccio il triplo”, ha sentenziato Milziade Tentoglu, doppio oro olimpico della specialità.

Se ne parla da un anno, ma domenica a Dusseldorf la World Athletics farà il primo passo, un test con la nuova formula: un ‘area di decollo’ invece della classica asse di battuta da non superare. Si prospetta insomma una rivoluzione nella tecnica del salto in lungo.

Per arginare il fenomeno dei troppi nulli, la World Athletics sta valutando la possibilità di sostituire l’attuale tavola di stacco, di circa 20 centimetri, con una zona di ‘decollo’ di 40 centimetri. La novità sarà provata per la prima volta domenica prossima all’Indoor Meeting di Düsseldorf, con un’ospite d’eccezione: la tedesca Malaika Mihambo, oro a Tokyo ed argento a Parigi. E’ lei l’unica – essendo ospite – ad aver finora espresso parere favorevole. Se le risposte saranno quelle sperate dalla World Athletics, ovvero gare più emozionanti, diventerà ufficiale nelle principali competizioni del 2026, secondo ‘Marca’.

La novità – allo studio da un anno – trova però il parere contrario dei migliori saltatori. A cominciare dal campione olimpico e del mondo Miltiadis Tentoglou che l’ha definita “una stronz…”. Il fuoriclasse greco ha spiegato perché si oppone a un cambiamento così radicale: “Devi correre come uno sprinter e atterrare perfettamente sulla tavola: questa è la parte difficile del salto in lungo. Il salto in sé è facile. La parte difficile è la corsa. Se cambiano la regola non farò più il salto in lungo. Passerò al triplo”. L’intenzione della federazione mondiale, a lungo termine, sarebbe infatti di introdurre un dispositivo di rilevamento elettronico che, all’interno dell’ampia ‘area di decollo’, misuri il salto effettivo. E secondo tutti i tecnici sarebbe tutt’altra cosa.

 A guidare la rivolta dell’atletica, d’altra parte, era stato nei mesi scorsi Carl Lewis. “Allora perché non rendere il canestro del basket più grande per i tiri liberi? Sono in molti a sbagliarli” scrisse il figlio del vento su X, prima di chiudere il suo account.

La grande differenza con la misurazione attuale è che ora si prende come riferimento la punta della scarpa e, grazie a telecamere all’avanguardia, si misura la distanza dalla zona di atterraggio sulla sabbia. L’idea di World Athletics é quella di misurare ogni salto non dalla fine dell’asse di battuta, bensì dall’effettivo punto di stacco più avanzato all’interno della nuova asse, premiando così l’atleta in grado di saltare più lontano. Tutti i salti, purché spiccati entro la zona di decollo di 40 centimetri, sarebbero validi.

Era stato Jon Ridgeon, amministratore delegato di World Athletics, a rivelare la proposta nel podcast Anything But Footy, poco meno di un anno fa. “Ai Campionati del mondo di Budapest (2023), un terzo di tutti i salti sono stati nulli. Non va bene, é una perdita di tempo. Quindi stiamo testando una zona di decollo invece di una tavola di decollo. Misureremo da dove l’atleta stacca a dove atterra nella buca”, spiegò il braccio destro di Sebastian Coe, presidente di WA. Ora la rivoluzione sta arrivando. Anche per la disciplina più tradizionalista dell’atletica. 
   

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