Se Biden e Kamala Harris si scoprono trumpisti

Hanno fatto non poco scalpore le parole pronunciate lunedì da Kamala Harris in Guatemala. Durante una conferenza stampa, il vicepresidente statunitense, rivolgendosi agli immigrati, ha dichiarato: “L’obiettivo del nostro lavoro è aiutare i guatemaltechi a trovare la speranza a casa”. “Allo stesso tempo”, ha aggiunto, “voglio essere chiara per le persone nella regione che stanno pensando di fare quel pericoloso viaggio al confine tra Stati Uniti e Messico: non venite. Non venite. Credo che se verrete al nostro confine, verrete rimandati indietro”. Una posizione chiarissima, che fa esattamente il paio con le parole pronunciate da Joe Biden lo scorso marzo, quando, rivolgendosi anche lui agli immigrati durante un’intervista ad Abc News, affermò: “Posso dire abbastanza chiaramente: non venite”.

Kamala Harris tells migrants ‘Do not come’ www.youtube.com

Toni e parole ben differenti da quelli della campagna elettorale e, più in generale, del periodo in cui allo studio ovale sedeva Donald Trump. Lo scorso novembre, Biden parlò di “accoglienza e integrazione degli immigrati e rifugiati nelle nostre comunità”, mentre – ai tempi delle primarie democratiche – Kamala Harris era tra i candidati che si battevano per depenalizzare il reato di immigrazione clandestina. Non solo: a pochi giorni dall’entrata in carica dello stesso Trump – nel gennaio del 2017 – proprio la Harris, criticando il muro al confine col Messico proposto dall’allora presidente repubblicano, twittò: “Ditelo forte, ditelo chiaramente, ognuno è benvenuto qui”.

E allora che cosa è successo? Perché questo cambio così deciso in materia di immigrazione? La motivazione è presto detta. Complice soprattutto la retorica aperturista dei dem in campagna elettorale, il numero di migranti al confine è notevolmente aumentato a partire dallo scorso gennaio. Secondo quanto riferito da Reuters, nei mesi di marzo e aprile, il tasso di arrivi è stato il più elevato nell’arco di ben vent’anni. Tutto questo, mentre il sito Axios ha riportato che, appena il mese scorso, siano state arrestate oltre 170.000 persone alla frontiera. Con il confine sotto pressione e l’incapacità di gestire adeguatamente la situazione, Biden e la Harris hanno dovuto abbandonare il marketing elettorale e prendere atto della realtà, per cercare di risolvere un problema che loro stessi hanno contribuito a creare. E’ esattamente questo che li ha portati a cambiare linea, determinando così però dei profondi attriti con la sinistra del Partito democratico.

A fine febbraio, l’amministrazione Biden annunciò la riapertura della struttura di Carrizo Springs (in Texas): uno dei controversi centri di accoglienza per minori che Trump era stato costretto a chiudere nel 2019 tra le polemiche. Centri che erano stati ferocemente criticati da Kamala Harris e che Michelle Obama aveva bollato come “gabbie”. Proprio per questo, la notizia della riapertura non fece troppo piacere alla sinistra dem, con la deputata Alexandria Ocasio-Cortez che tuonò: “Questo non va bene, non è mai andato bene, non andrà mai bene: a prescindere dall’amministrazione o dal partito”. Un altro problema si è verificato con il tetto massimo per l’accoglienza dei rifugiati: tetto che Trump aveva drasticamente ridotto a 15.000 unità. Ebbene, a inizio febbraio, Biden aveva promesso che avrebbe alzato la soglia addirittura a 125.000. Eppure, il 16 aprile rese noto che avrebbe lasciato il limite a 15.000: un voltafaccia che causò varie polemiche a sinistra (“Biden ha infranto la sua promessa di ripristinare la nostra umanità”, dichiaro la deputata dem Pramila Jayapal), tanto da portare in fretta il presidente ad alzare il tetto a 62.000 unità. Infine, anche le dichiarazioni guatemalteche della Harris hanno determinato una levata di scudi da parte della stessa sinistra dem, con la Ocasio-Cortez che è tornata all’attacco, dichiarando: “Questo è deludente da vedere. Primo, chiedere asilo a qualsiasi confine degli Stati Uniti è un metodo di arrivo legale al 100%. Secondo, gli Stati Uniti hanno passato decenni a contribuire al cambio di regime e alla destabilizzazione in America Latina. Non possiamo incendiare la casa di qualcuno e poi biasimarlo per la fuga”.

Attenzione: questo non vuol dire che, nella gestione migratoria, non vi siano alcune discontinuità rispetto a Trump. Tuttavia è abbastanza chiaro che la rivoluzione promessa da Biden in materia si è arenata. Tanto più alla luce del fatto che, oltre alle difficoltà operative, l’attuale presidente deve anche barcamenarsi all’interno di un partito spaccato: una situazione che gli impedisce di perseguire una linea chiara e coerente, spingendolo costantemente a compromessi al ribasso che lo costringono infine a restare in mezzo al guado. Ricordiamo infatti che i sondaggi pubblicati alla vigilia dei cento giorni di governo registravano un consenso molto basso proprio sulla gestione migratoria: un elemento che, non a caso, Trump e i repubblicani stanno utilizzando per attaccare la Casa Bianca.

A peggiorare la situazione per Biden sta anche il fatto che la Harris non si stia rivelando troppo brillante nello svolgimento dei suoi compiti. Lo scorso marzo, il presidente ha nominato la sua vice come coordinatrice per la gestione del dossier immigrazione: un ruolo sicuramente impegnativo, ma i cui contorni non sono apparsi subito ben chiari. Da allora, la diretta interessata non ha mai visitato la frontiera meridionale né ha tenuto una conferenza stampa sull’argomento. Una condotta, questa, che sta irritando significativamente il Partito repubblicano. Il vicepresidente, dal canto suo, si è difeso, sostenendo che suo compito non sia la gestione tecnica dei flussi al confine, ma semmai un incarico diplomatico con i Paesi del Centro America, per tentare di bloccare le partenze alla radice.

Il punto è che le polemiche non si placano e il fatto che, indipendentemente da tutto, la Harris non si sia ancora recata in visita alla frontiera sta danneggiando non poco la Casa Bianca. In tutto questo, la stampa americana non è neppure stata troppo benevola sul suo primo viaggio ufficiale all’estero, in Guatemala e Messico. La stessa Cnn – un network non certo ostile ai democratici e alla Harris – ha dichiarato che “i suoi passi falsi politici hanno oscurato i progressi politici durante il suo viaggio”. In particolare, a finire nel mirino, è stata un’intervista che la Harris ha rilasciato a Nbc News martedì scorso: un’intervista in cui, pressata dal giornalista proprio sulla sua mancata visita alla frontiera, la numero due della Casa Bianca ha replicato in modo particolarmente nervoso. Lei stessa ha quindi dovuto cedere poco dopo, promettendo in futuro una visita alla frontiera (senza tuttavia specificare quando). Il comportamento del vicepresidente sta quindi creando non pochi problemi all’amministrazione e sempre la Cnn ha parlato in tal senso di funzionari “perplessi”.

La domanda allora è: perché un tale comportamento controproducente? Una spiegazione possibile risiede nelle ambizioni politiche della Harris. Non è un mistero che l’attuale numero due della Casa Bianca potrebbe essere il candidato presidenziale democratico del 2024. In quest’ottica, la Harris sta cercando di tenere un basso profilo sui vari argomenti scottanti (come il recente conflitto tra Israele e Gaza), nella speranza di evitare polemiche e passi falsi. E’ invece chiaro che l’incarico sull’immigrazione costituisca un tema spinoso, difficile ed elettoralmente sensibile. Un incarico che quindi il vicepresidente teme, perché rischia di ritrovarsi all’interno di dinamiche divisive che possano compromettere il proprio consenso elettorale e il proprio futuro politico. Il punto tuttavia è che, cercando di volare basso, la Harris rischia l’effetto opposto. E i repubblicani, soprattutto dopo questo suo primo viaggio all’estero, già la stanno accusando di mancanza di leadership. Un bel grattacapo per il vicepresidente che, come ai tempi della sua candidatura alle ultime primarie democratiche, rischia di ritrovarsi pericolosamente in mezzo al guado. Perché un conto è il marketing elettorale, buono per gli ingenui che si “informano” su Instagram. Un altro conto è la sostanza politica. Una sostanza che Kamala Harris deve ancora dimostrare di possedere.

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