Sophie e Charlotte a ritmo dei Velvet Underground

Musica e donne, su questi due temi la giornata del festival di Cannes tra film in concorso e opere in altre sezioni. Dopo l’apertura con l’opera rock Annette ecco la colonna sonora dei Velvet Underground risuonare sulla Montee des Marches accompagnando l’omonimo documentario di Todd Haynes dedicato ad una delle super band del rock . Il regista di Carol che già aveva dedicato a Bob Dylan (Io non sono qui) il suo talento originale, si misura con il mito del gruppo rock fondato da Lou Reed con il ‘genio maledetto’ gallese John Davide Cale. File interminabili per vedere il film, biglietti esauriti per un’opera da non perdere per capire l’influenza di quella che per il rock è stata come la Factory di Andy Warhol per l’arte, grazie a filmati preziosi e alla testimonianza dei membri sopravvissuti, Maureen “Moe” Tucker e John Cale. Donne resistenti, in lotta contro il patriarcato e una cultura soffocante nel film in concorso Lingui di Mahamat – Saleh Haroun (Ciad), che racconta la storia di Amina, una madre single, che scopre che la figlia quindicenne, Maria, è incinta. Una gravidanza, frutto di uno stupro, che l’adolescente non vuole, in un Paese dove l’aborto è condannato dalla religione, ma anche dalla legge: un ritratto di donne che cercano di sopravvivere in un ambiente ostile in cui il patriarcato e la religione avvelenano la vita ma l’unica speranza è proprio nel loro legame. E donne ansiosi di liberarsi del peso della fama. Charlotte Gainsbourg ha portato al festival in Cannes Premiere un ritratto che più intimo non si potrebbe, quello di sua madre Jane Birkin. Le due si sono abbracciate con complicità e la più sollevata è sembrata l’attrice all’esordio come regista con Jane by Charlotte. La figlia del provocatorio, trasgressivo autore francese Serge Gainsbourg, chiede alla madre di raccontare come erano quegli anni della scandalosa Je t’aime moi non plus, quelli di una coppia sotto i riflettori, discussa, famosissima. “Non ho mai dormito una notte senza sonniferi”, racconta Birkin. Charlotte vuole sapere tutto su sua madre. “Questo film – dice – è un documentario certo ma soprattutto una lunga avventura emozionante, quasi un pretesto per godere di lei e allo stesso tempo la fine di qualcosa, come un punto e a capo. Più la guardo e più la amo”, confessa. Nel film si vede aprire la casa di Serge Gainsbourg, intatta a 30 anni della sua morte, e la madre Jane raccontare il suo dolore più grande quello per la morte tragica della figlia Kate. E poi c’è Sophie Marceau, luminosa, elegante, la ragazza del Tempo delle Mele appena più matura 40 anni dopo. Regala al film di Francois Ozon Tout s’est bien passè, accanto ad Andrè Dussolier, il ruolo di una figlia che accetta di aiutare il padre nel suicidio assistito. “Emmanuele ama la vita, profondamente ed è anche una donna generosa, vitale, non si tira indietro mai, ecco perchè accetta l’inaccettabile, per amore del padre di cui vuole essere supporto fino alla fine. Raccontando una storia vera ho la responsabilità di toccare sentimenti comuni, da qualche parte, in qualche famiglia ci sarà una esperienza molto simile e ogni giorno di fronte alle sofferenze della vita ci poniamo di fronte gli stessi dilemmi. Ed è qualcosa che mi avvicina allo spettatore”, ha detto l’attrice che interpreta la scrittrice Emmanuèle Bernheim nel romanzo autobiografico (Einaudi) su cui è basato il film in gara per la Palma d’oro. E stasera arriva Matt Damon ad accompagnare Stillwater di Tom McCarthy, fuori concorso e domani protagonista di un Rendez Vous con il pubblico.

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