lunedì, 25 Novembre 2024
«Squid Game» mania. Tutto sulla serie Netflix più vista al mondo
Ne parlano tutti. C’è chi la definisce «la serie che nessuno si aspettava» e chi – sorpreso – consiglia ad amici e parenti «quella serie coreana dove giocano al massacro». In realtà, il trionfo di Squid Game non è così inatteso come sembra, semplicemente si è deciso di ignorarlo. È successo prima con il cinema coreano – fino a che Parasite non si è portato a casa un Oscar – ed è successo con la musica, fino a che i BTS non hanno battuto ogni record.
«Squid Game sarà senz’altro la nostra serie non inglese di maggior successo e ci sono buone possibilità che diventi la nostra serie più grande di sempre» ha dichiarato il co-Ceo di Netflix Ted Sarandos.
Come accaduto con un’altro telefilm straniero – La Casa di Carta – anche Squid Game ha faticato per trovare il successo. Il suo creatore, Hwang Dong-hyuk, ha raccontato di aver iniziato a lavorare al progetto nel 2008 e di aver ricevuto molti rifiuti prima di debuttare a Netflix. Le motivazioni dietro i “no” ricevuti dal regista sono le stesse che hanno resto Squid Game un successo globale.
La storia può sembrare semplice. Nei primi minuti incontriamo un uomo chiamato Seong Gi-hun. Divorziato e pieno di debiti vive ancora con sua madre, ma ogni soldo risparmiato viene utilizzato per le corse ai cavalli. Gli strozzini gli sono alle costole e minacciano di toglierli «un rene un occhio» se non paga entro la fine del mese. Mentre Gi-hun torna a casa, in metropolitana, incontra un uomo in giacca e cravatta (l’attore Gong Yoo, uno dei più conosciuti dagli amanti di K-drama) che gli fa una proposta: gioca con me, e riceverai 100.000 won ogni volta che vinci. Il nostro protagonista accetta subito e se ne torna a casa con parecchio denaro e un bigliettino da visita con tre simboli – un triangolo, un cerchio e un quadrato – e un numero di telefono.
È chiamando il numero e decidendo di partecipare a una serie di giochi in cambio di denaro che Seong Gi-hun si ritrova in un’enorme stanza con altre 455 persone, tutte nella sua stessa situazione. «Benvenuti agli Squid Game» annuncia un uomo mascherato, mentre decine di persone in tuta rossa e col volto coperto, fanno firmare un contratto ai partecipanti.
Tutto sembra molto semplice. Ci sono sei giochi a cui partecipare, se si rifiuta di giocare si viene “eliminati” e la maggioranza può decidere in qualsiasi momento di interrompere il gioco. Senza pensarci un attimo, memori del gioco in metropolitana in cui hanno dovuto solo sopportare qualche schiaffo per guadagnare denaro, tutti i concorrenti firmano e i giochi hanno inizio.
Dopo aver percorso uno spazio dai colori pastello, i 456 partecipanti entrano in una stanza dalle pareti che rimandano a un campo di grano. Dal lato opposto si intravedono due guardie e una bambola dallo sguardo un po’ inquietante. Il gioco viene annunciato, è “Un, due, tre, stella” e i protagonisti – tutti con indosso una tuta verde – sembrano sollevati dalla semplicità della loro prima missione. Appena la bambola si gira, due giovani partono di corsa avendo scommesso l’uno il montepremi dell’altro, ma quando il tempo finisce e la bambola si gira uno di loro barcolla e si becca un colpo in testa. Essere eliminati agli Squid Game significa morire e nel primo gioco muoiono 255 partecipanti.
Lo shock dei concorrenti è pari solo a quello dello spettatore, e non è l’ultimo momento di Squid Game che lascerà a bocca aperta. Ogni vita vale 100.000 won per un totale di 45,6 miliardi di won e, nonostante le regole del gioco, in 187 decidono di continuare a giocare. In fondo, per loro la vita «è un inferno anche là fuori».
Hwang Dong-hyuk ha raccontato di aver immaginato Squid Game come «un’allegoria sulla società capitalistica moderna». I giochi sono volutamente semplici – sono tutti ispirati agli svaghi dei bambini coreani – per permettere allo spettatore di «concentrarsi sui personaggi senza essere distratti dalle regole». C’è chi ha già paragonato la serie a Hunger Games e alla giapponese Battle Royale e a queste critiche il creatore ha risposto dicendo: «Ammetto liberamente di aver avuto grande ispirazione dai fumetti e dall’animazione giapponesi nel corso degli anni. Quando ho iniziato, ero anch’io in difficoltà finanziarie e passavo molto tempo nei caffè a leggere fumetti tra cui Battle Royale e Liar Game. Mi sono chiesto come mi sarei sentito se avessi partecipato personalmente ai giochi. Ma ho trovato i giochi troppo complessi e per il mio lavoro mi sono concentrato invece sull’uso dei giochi per bambini».
Commentando il successo globale della serie, Hwang ha inoltre spiegato: «Esteriormente, l’intrattenimento coreano sembra andare molto bene. Pensa a BTS, Parasite, Gangnam Style o Crash Landing on You. Ma la società sudcoreana è anche molto competitiva e stressante. Abbiamo 50 milioni di persone in un posto piccolo. E, tagliati fuori dal continente asiatico dalla Corea del Nord, abbiamo sviluppato una mentalità insulare. Un po’ di quello stress viene trasferito nel modo in cui ci prepariamo sempre per la prossima crisi. In un certo senso è un motivatore. Ci aiuta a chiederci cosa si dovrebbe fare di più. Ma tale competizione ha anche effetti collaterali».
Dato il successo della serie, che ha portato le azioni dell’azienda a raggiungere un picco di 610,34 dollari, Netflix si è detto pronto a produrre una seconda stagione. Bela Bajaria, a capo della sezione interazione della piattaforma, ha infatti dichiarato di essere al lavoro per firmare un accordo con il regista, attualmente impegnato in un’altra produzione.
Hwang Dong-hyuk ha però a sua volta raccontato al The Times di aver già pensato a un possibile protagonista per la seconda stagione, ovvero il maestro delle cerimonie della cui storia abbiamo solo un assaggio nei primi nove episodi.
Tutti i giochi di «Squid Game» spiegati
I prove che devono affrontare i protagonisti di Squid Game in realtà non sono sei, ma sette. Si parte infatti con il gioco nella metropolitana, il «Ddakji». Qui i giocatori devono usare due pezzi di carta e colpirli l’uno con l’altro a terra per capovolgere il pezzo dell’altro giocatore.
I colori scelti per questo gioco sono il blu e il rosso, in un omaggio alla leggenda giapponese di «Aka Manto». Secondo il racconto, una volta che la vittima è seduta in un bagno pubblico o nel bagno della scuola, una voce misteriosa gli chiederà se vuole la carta rossa o la carta blu. Se la persona risponde «rossa» sarà decapitato e fatto a pezzi fino a che i suoi vestiti non siano diventati rossi del suo sangue. Se risponde «blu» sarà strangolato fino a che il suo volto non diventi completamente blu. Se prova a raggirare lo spirito – evitando di rispondere, scegliendo un altro colore – Aka lo trascinerà direttamente negli Inferi. L’unico modo per salvarsi è dire che non vuole alcuna carta lo spirito se ne andrà in pace.
Il primo gioco ufficiale è invece “Un, due, tre, stella” o 궁화 꽃 이 피었 습니다 (Il fiore d’ibisco sta sbocciando). A differenza del nostro gioco, nella versione coreana non è il giocatore a decidere quando gli altri possono o non possono avanzare. I movimenti dei giocatori si basano infatti su una cadenza molto ordinata. La bambola infatti continua a pronunciare una frase, la cui velocità aumenta col tempo. La canzoncina recita il nome del gioco: «Il fiore d’ibisco sta sbocciando».
La prima prova insegna l’importanza di rispettare le regole perché tutte le regole non possono essere infrante nel gioco della vita. E il panico non porta mai a nulla di fruttuoso.
Il secondo gioco – e il più famoso – è il gioco del «Ppogi». I bambini coreani amano mangiare questa dolcissima caramella al parco giochi tra una partita e l’altra. Costa meno di un euro ed è solitamente venduto da ambulanti che sciolgono dello zucchero e lo versano su una piastra calda per poi dargli la forma di un disco e inciderci una forma divertenti. La maggior parte dei venditori fornisce l’ago per provare a “intagliare” la figura che essendo fatta al 99% di zucchero è fragilissima. Alcuni venditori addirittura hanno pensato di offrire giochi ai piccoli vincitori (una grande strategia di marketing, perché i bambini pur di vincere continueranno a comprare caramelle).
Questo gioco insegna la pazienza e mostra come il successo si possa raggiungere a ritmi e tempi diversi. Non paragonare la tua vita e i tuoi progressi a quelli degli altri.
Il tiro alla corda – Juldarigi – è un popolare gioco nel periodo dei festival nell’antica Corea, specialmente durante il festival lunare. Lo si pratica ancora oggi con corde grandi come tronchi d’albero e secondo la credenza popolare, la squadra che vince assicura un raccolto abbondante per il proprio villaggio.
La terza prova spiega come l’intelligenza sia più importante della forza fisica. Non è un caso che questa prova arrivi subito dopo l’attacco notturno da parte di un gruppo di giocatori. Sopraffatta dalle vulnerabilità, la sopravvivenza ha preceduto il giudizio tra giusto e sbagliato.
Il gioco delle biglie è sicuramente il più orribile a livello emotivo. Ai giocatori viene infatti chiesto di trovare un partner per poi essere messi gli uni contro gli altri. Per quanto riguarda il gioco, la versione utilizzata in Squid Game è un po’ diversa rispetto a quella originale. Una versione delle biglie prevede che i giocatori facciano cadere le palline di vetro fuori da un anello per dichiarare un vincitore. Ma nel K-drama, i giocatori usano le biglie in un indovinello. Ogni giocatore deve scegliere un numero pari o dispari di biglie da nascondere nella propria mano. Un giocatore deve indovinare il numero pari o dispari dell’altro giocatore. Se hanno ragione, vincono le biglie del perdente.
Questo gioco racconta l’importanza della fiducia, ma spiega che quest’ultima è qualcosa che si guadagna nel tempo e va costruita attraverso prove concrete.
Il ponte di vetro è forse il primo gioco a non essere basato su alcuna tradizione coreana. La scenografia per il ponte di vetro segna un punto di svolta nella serie quando viene rivelato che i ricchi clienti si riuniranno per guardare i concorrenti che giocano a Squid Game per il loro divertimento. I giocatori sono ora ufficialmente partecipanti al quiz televisivo più esclusivo e non televisivo del mondo, in competizione per il divertimento di facoltosi clienti anonimi.
È interessante notare che proprio durante questo gioco si scopre come uno dei concorrenti abbia un passato da vetraio, mostrando come sono proprio i colletti blu a essere stati colpiti più duramente dalla crisi a causa della stagnazione dei loro salari.
Questa prova ha una morale molto interessante. Finire per ultimo a volte non significa fallire. Seong Gi-hun arriva in finale anche perché ha scelto la pettorina numero 16.
L’ultimo gioco, da cui la serie prende il nome, è quello del “calamaro”. Sembra che questo gioco sia nato tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. È un gioco del dopoguerra, quando i campi da gioco e i cortili in erba era scarsi e i giocattoli lo erano altrettanto. Come spiegato nella serie, Squid Game si gioca su un tabellone disegnato nella sabbia con i giocatori che si dividono in due squadre: attacco e difesa. I giocatori in attacco, che inizialmente sono svantaggiati dal fatto di potersi muovere solo su una gamba, devono prima promuovere se stessi per usare entrambi i piedi e poi cercare di raggiungere una casella “casa” disegnata nella sabbia. I giocatori in difesa hanno il compito di fermare gli attaccanti spingendoli fuori dal campo. Se l’attaccante raggiunge la casella casa, vince, ma se la sua squadra viene eliminata vince la squadra in difesa.
Le cinque migliori teorie sulla serie
La scelta fatta al primo gioco determina il ruolo negli Squid Game
Tute rosse e tute verdi, non vi ricordano un po’ i colori del gioco in metropolitana? Secondo alcuni spettatori chi ha scelto il cartoncino rosso ha poi assunto il ruolo di guardia negli Squid Game. C’è però anche altre teoria in merito ai “lavoratori”. Secondo alcuni, dietro le tute rosse ci celano i vincitori delle passate edizioni degli Squid Game, mentre secondo altri i guardiani sono le persone che hanno rifiutato di tornare a giocare. E ancora, circola una teoria secondo cui le tute rosse siano dei carcerati che stanno scontando la loro pena in maniera a dir poco originale.
Sempre parlando del colore rosso. Perché Seong Gi-hun si tinge proprio di quel colore? E nell’ultimo frame della serie sembra pronto a tornare sull’isola. Che ruolo avrà?
Molte persone della vita di Seong Gi-hun sono collegate agli Squid Game
La teoria più amata dagli spettatori è quella secondo cui Oh Il-nam e Seong Gi-hun sono in realtà padre e figlio. Ci sono tanti momenti che ci fanno credere che il legame tra i due sia più profondo di un’amicizia istantanea. Un esempio? Quando Gi-Hun chiede del latte al cioccolato, il concorrente 001 ride e dice che suo figlio era «simile». Un’altra scena vede la coppia discutere delle somiglianze tra la scenografia di uno dei giochi e i loro quartieri in crescita, portando ancora una volta molti a suggerire che il vecchio sia il padre di Seong Gi-hun. E se Il-nam avesse creato i giochi proprio per trovare suo figlio? Chissà.
Anche il patrigno della figlia di Gi-hun potrebbe essere coinvolto nei giochi. L’uomo chiaramente non ha problemi di soldi e ha anche una vena crudele e vendicativa. Inoltre sappiamo che il patrigno è fluente in inglese visto che è stato assunto per un lavoro negli Stati Uniti.
Chi è vivo? Chi è morto?
Squid Game non si risparmia certo quando si tratta di sangue, allora perché alcune morti importanti avvengono off camera? Il primo concorrente ad aver scatenato le teorie dei fan è il giovane e ingenuo Ali.
Un’altra “stranezza” segnalata dai fan è l’aggiunta della scena della cremazione per Sea-Byeok. Come ben sappiamo alcuni dei corpi venivano trafugati attraverso uno dei forni, che il suo abbia fatto la stessa fine?
Ultimo della lista dei possibili sopravvissuti è il poliziotto Joon-ho. Il colpo che ha ricevuto dal fratello non era mortale – infatti vediamo quest’ultimo curarsi per una ferita simile – che il legame fraterno l’abbia spinto a salvare Joon-ho? In questo caso, si aprirebbe un’altra teoria. Il Game master ha scelto di partecipare a Squid Game o è rimasto intrappolato in questo meccanismo malato dopo la sua vittoria tanti anni fa?
La pistola di Cechov
Gli amanti delle Easter Eggs non possono non amare Squid Game. Ogni singolo evento è infatti preannunciato, anche se a volte impossibile da cogliere. Le morti principali infatti sono annunciate attraverso la serie. Partiamo da Sang-woo. L’uomo decide di uccidersi, nonostante Seong Gi-hun gli dia la possibilità di tornare a casa incolume. Prima di tornare per una seconda volta ai giochi, vediamo lo stesso uomo pronto a commettere suicidio in una vasca da bagno.
Stessa sorte per Sae-byeok che muore sgozzata dopo aver minacciato il truffatore che le aveva promesso di ritrovare sua madre di fare lo stesso una volta tornata dagli Squid Game.
Continuiamo con Jang Deok-su. La donna che giura di ucciderlo se lui l’avesse mai tradita fa proprio quello, buttandosi con lui dal ponte di vetro, ma prima di tornare ai giochi cosa fa Deok-su per salvarsi dalla gang rivale? Si butta da un ponte.
Infine Ali muore dopo che Sang-woo gli ruba le biglie, proprio come lui ha rubato i soldi al suo capo prima di tornare a giocare.
Squid Game e la Teoria dei Giochi
Nel modello della teoria dei giochi la premessa indispensabile è che l’obiettivo è vincere; tutti devono essere a conoscenza delle regole del gioco, ed essere consapevoli delle conseguenze di ogni singola mossa. La mossa, o l’insieme delle mosse, che un individuo intende fare viene chiamata “strategia”. In dipendenza poi delle strategie adottate da tutti i giocatori (o agenti), ognuno riceve un “pay-off” (che in inglese significa: compenso, vincita, pagamento, ma anche esito) secondo un’adeguata unità di misura. Tale compenso può essere positivo, negativo o nullo. Un gioco si dice “a somma costante” se per ogni vincita di un giocatore vi è una corrispondente perdita per altri. In particolare, un gioco che risulta “a somma zero” fra due giocatori rappresenta la situazione in cui il pagamento viene corrisposto da un giocatore all’altro.
Il gioco dei calamari è un esempio di “somma zero”: In questo gioco, la morte di un uomo è la possibilità di un altro uomo di vivere con un premio in denaro.
Ma facciamo un passo indietro. In Squid Game ognuno dei giocatori è disperato, al limite della sopportazione, e non ha altra scelta che partecipare al gioco, anche se il costo della perdita è la morte. L’organizzatore di questo gioco ha invitato solo coloro che sono indebitati fino al collo e non hanno modo di uscirne se non giocando e vincendo il premio in denaro.
Senza partecipare al gioco, i partecipanti non hanno modo di pagare il loro debito, e la vita sarebbe solo un inferno sulla terra, che non è meglio della morte. Pertanto, i giocatori non hanno altra scelta che scegliere il gioco come loro “strategia dominante”.
Se questa teoria fosse confermata, Squid Game sarebbe ancora più affascinante da studiare perché enfatizza l’enorme abisso tra le scelte dei super ricchi (un giocatore muore, scommetto su un altro) e la mancanza di scelte dei poverissimi.