Tamberi tormento e estasi: ‘Non amo il salto ma Los Angeles..’

 Il suo vero amore è il basket, e non il salto in alto, ma grazie a quella scorbutica asticella è diventato campione olimpico e ora – distante dalla tentazione di mollare di questa estate – volge anche uno sguardo possibilista sulla partecipazione a Los Angeles 2028, quando avrà 36 anni, per riprendersi l’oro, annunciato a Parigi e sfumato a causa di una colica.

Nell’arco di 24 ore, dallo studio tv di ‘Belve’ all’aula magna dell’Università di Urbino, Gianmarco Tamberi ha svelato aspetti inediti e contrapposti di se stesso, che hanno contribuito a farlo già diventare una leggenda e, da oggi, anche dottore ‘honoris causa’ in Scienze dello sport.

“Ho fatto basket fino a 17 anni, se avessi continuato sarei stato meno orgoglioso ma più felice, perchè non è così bello saltare un’asticella. Ho dovuto fare quella scelta ma non amo quello che faccio”, ha detto Tamberi nell’intervista al programma Rai. Parlando oggi a docenti e studenti nella Lectio magistralis, il campione marchigiano ha ricordato che nel 2009 si trovò di fronte “al bivio se continuare a fare il cestista, sport che amavo con tutto il cuore, o scegliere il salto in alto, la disciplina per cui ero nato. Prevalse la parte razionale, in base anche alle informazioni sul mio possibile percorso atletico. Se non lo avessi fatto, non sarei qui oggi”.

Non fu cuore, ma di certo testa e anche “la voglia di mettersi in gioco” e il “coraggio di scegliere”. A Urbino, Tamberi ha citato in proposito altri tre momenti salienti della sua vita, oltre a quello del 2009. “Nel 2016 ci fu una la scelta emotiva, dopo l’infortunio serio che mi tenne fuori dalle Olimpiadi di Rio de Janeiro, di tornare a gareggiare con l’obiettivo di vincere a Tokyo 2020. Nel 2022, quella più difficile, il cambio di allenatore per uscire dalla comfort zone dei 13 anni passati con mio padre, con tanti problemi relazionali”. Il campione non si è soffermato di più su quel rapporto, che ieri aveva definito “orrendo” in certi momenti e, per questo, “il fallimento più grande della mia vita”.

“Un genitore deve aiutarti a prendere la strada giusta ma non obbligarti In quel momento mi sono sentito tradito dalla figura genitoriale”, aveva anche detto. Quarto momento chiave “la scelta di scendere in pedana a Parigi, quando qualche ora prima ero su un letto di ospedale, per la voglia di mettersi in gioco”. Allora non ci fu il miracolo, le coliche ebbero la meglio, portandolo all’eliminazione, tra lacrime e applausi dello stadio. Anche grazie a quella spinta inesauribile, che è emotiva ma anche presa in modo razionale, il campione di tutto nel salto in alto apre alla possibilità di partecipare all’Olimpiade 2028: “Ho fatto tutti i conti sulle probabilità che avrei di vincere l’oro a Los Angeles e ho ben chiaro cosa significherebbe per me a livello emotivo anche solo provarci, dopo tutto quello che ho passato”. Non è una scelta presa, ma una porta che si tiene aperta, anche da dottore in Scienze dello sport, un riconoscimento che Tamberi, emozionato, ha definito “un onore immenso, un giorno che rimarrà unico nella storia della mia vita”..

Tamberi: ‘Le 4 scelte che mi hanno cambiato la vita’

Sono quattro i momenti salienti che hanno contrassegnato la carriera di Gianmarco Tamberi, il campione di salto in alto marchigiano che stamani a Urbino ha tenuto una lectio magistralis a chiusura del conferimento della laurea honoris causa in Scienze dello sport dall’Università degli studi Carlo Bo.

Quattro momenti, tutti legati al coraggio di scegliere, che sono stati raccontati dallo stesso Tamberi, parlando agli studenti che hanno affollato l’aula magna.

“Nel 2009 – ha ricordato – mi sono trovato di fronte al bivio se continuare il mio percorso da cestista, lo sport che amavo con tutto il cuore, o scegliere il salto in alto la disciplina per cui probabilmente ero nato. Come potete immaginare – ha sottolineato – se avessi seguito solo la parte emotiva non sarei qui oggi a parlare e a guardare a ciò che è stato fatto in questo lungo percorso”. “In quel caso ha prevalso la parte razionale e mettere insieme oggettivamente le informazioni che avevo sul mio possibile percorso atletico, mi hanno fatto propendere per una scelta più logica verso il salto in alto e avevo solo 17 anni. Se non avessi iniziato lì non sarei arrivato qui oggi”, ha detto Tamberi.

“La seconda scelta è stata emotiva”, ha spiegato il campione, ricordando l’infortunio che gli impedì di partecipare alle Olimpiadi di Rio. “I dottori – ha ricordato – mi dicevano che forse sarei tornato a correre ma difficilmente a saltare, ma fu in quel momento che mi misi in testa di tornare a gareggiare e come obiettivo mi ero prefissato di vincere Tokyo 2020.

Nel 2022 la terza scelta, quella più difficile, uscire dalla comfort zone – ha proseguito Tamberi – Dopo 13 anni che mio padre mi allenava, con tanti problemi relazionali che non starò a discutere qui oggi, ho scelto di cambiare allenatore e quindi di mettermi in gioco, ho scelto di provare a capire di poter conseguire gli stessi risultati anche con un’altra persona”. “Uscire dalla comfort zone mi ha permesso di capire chi sono io e quanto di quei risultati dipendevano da me e non solo da chi mi stava accanto. Quella scelta mi ha insegnato moltissimo”, ha sottolineato l’atleta.

“La quarta e ultima scelta è stata quella di scendere in pedana a Parigi, quando qualche ora prima ero su un letto di ospedale – ha ancora spiegato – Molti mi hanno chiesto perché l’ho fatto, l’ho fatto perché serve il coraggio nella vita di affrontare le difficoltà”. “Bisogna sempre mettersi in gioco senza paura di fallire, se si ha paura di fallire non si ha la possibilità di raggiungere grandi obiettivi e quindi non abbiate paura di sbagliare e di fallire, ma mettetevi sempre in gioco”, ha concluso Tamberi rivolgendosi agli studenti e alle studentesse dell’ateneo. 

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