lunedì, 25 Novembre 2024
Tante nuvole, poca pioggia. Cosa succede al clima?
Al momento, stiamo attraversando in una fase di freddo intenso con neve fino a bassa quota in molte regioni, ma fino a pochi giorni fa non c’era neve sull’Appennino. In altre zone, come quella di Milano, le piogge sono state prima assenti e poi, a partire dall’autunno sono state caratterizzate da bassa intensità. La domanda che tutti ci poniamo è se il regime delle precipitazioni sta cambiando: è vero che la frequenza di piogge molto intense sta aumentando o è vero il contrario? E le precipitazioni nevose stanno davvero diminuendo? E come sta influendo il cambiamento climatico sul nostro Paese? Per rispondere a queste domande occorre basarsi sui dati registrati su un arco di tempo abbastanza lungo come ci spiegano alcuni dei più grandi esperti italiani del settore.
Tasso di variazione nelle precipitazioni estive (trend) osservate nei 62 anni (mm/anno).
Per cominciare, Andrea Cicogna dell’ARPA Friuli Venezia Giulia, e Valentina Pavan (ARPAE Emilia Romagna) spiegano: «Risposte scientificamente solide arrivano dall’analisi sulle precipitazioni giornaliere sul centro-nord Italia». Il database georiferito ad alta definizione (ArCIS), che per le piogge si estende dal 1961 al 2022, permette una tale analisi. «Gli studi sul territorio dell’Italia centro-settentrionale evidenziano come le piogge annuali non mostrano delle tendenze significative in crescita o in diminuzione. Però l’esame delle sole piogge estive dagli anni sessanta ad oggi mostra che in ampie zone del territorio le precipitazioni totali, da giugno ad agosto, si stanno riducendo in maniera significativa» spiegano Cicogna e Pavan.
«L’esempio di una città nota per le sue frequenti piogge come Udine può essere illuminante. Durante gli anni sessanta nella città friulana le piogge medie estive sfioravano i 500 mm (pari a 500 litri al metro quadrato), mentre la media degli ultimi 10 anni è stata di appena 350 mm. Bisogna inoltre sottolineare come l’anno appena concluso è stato particolarmente avaro di piogge estive: sempre a Udine si sono cumulati meno di 200 mm». Il caso di Udine non è certo isolato: l’esame dell’indice di siccità estiva (Stadard Precipitation Index) mostra come in ampie zone del Centro Nord Italia la siccità sia stata severa o addirittura estrema.«Al contrario, parlando di intensità delle piogge, la cronaca di eventi devastanti, come quelli che hanno colpito le Marche o Ischia nel 2022, suggerisce che stiamo assistendo ad un incremento delle piogge intense. Tuttavia, l’analisi statistica delle piogge giornaliere di ArCIS non evidenzia delle tendenze chiare generalizzate a tutto il territorio, ma solo un aumento nel corso dei decenni dell’intensità delle precipitazioni giornaliere più elevate verso valori generalmente più alti, localizzato sulle aree alpine».
L’indice SPI (Standardized Precipitation Index) trimestrale consente di definire lo stato di umidità stagionale e ben descrive la siccità agricola.* 2 >SPI> 1.5 umidità severa,* 1.5 >SPI> 1 umidità moderata,* 1 >SPI> -1 nella norma,* -1 >SPI> -1.5 siccità estrema
Per quanto riguarda la neve, Cicogna e Pavan rispondono facendo riferimento a un ampio e recente studio del 2020 su misurazioni di oltre 2000 stazioni alpine che ha visto la partecipazione di quasi 35 autori afferenti a 20 istituti di ricerca ed enti di 6 nazioni: «A conferma di quella che è una sensazione diffusa, in questo lavoro si evidenzia come ,nella grande maggioranza delle stazioni esaminate (87%) dal 1971 al 2019, la copertura nevosa sia in sostanziale riduzione. In aggiunta, la quasi totalità dei ghiacciai Alpini è in fase di recessione».
Filippo Giorgi, climatologo dell’ICTP di Trieste ed ex membro dell’IPCC dice: «ll Mediterraneo è una di quelle che chiamiamo “zone calde” (hot-spots) del riscaldamento globale, cioè una regione in cui il l’aumento delle temperature é molto maggiore della media globale, specialmente nella stagione estiva. Questo è vero anche per le Alpi, soprattutto ad alte quote a causa della diminuzione della copertura nevosa. Questo significa che nello scenario “business as usual”, in cui i modelli simulano un riscaldamento globale di circa 4oC (~ 3-5 oC) entro il 2100 (rispetto alle temperature pre-industriali), il riscaldamento annuale sul centro-nord e sulle Alpi nello stesso periodo potrebbe raggiungere i 5-6 °C, maggiore in estate che in inverno e con un forte aumento della frequenza ed intensità di ondate di calore ed eventi siccitosi».
Un recente studio ha mostrato come a causa di questo elevato riscaldamento, fino al 90% dei ghiacciai Alpini sia destinato a fondere interamente. «Questa frazione rimane al di sopra del 60% anche per lo scenario dell’accordo di Parigi (2o C al di sopra dei valori pre-industriali). La copertura nevosa dovrebbe continuare a diminuire considerevolmente e il ciclo della portata dei fiumi sposterebbe il suo picco massimo a inizio primavera» aggiunge Giorgi «Le proiezioni con modelli globali e regionali indicano anche che la precipitazione estiva nella regione del centro-nord Italia, come per l’intera area del Mediterraneo, dovrebbe diminuire in maniera consistente, ma con l’occorrenza di eventi precipitosi temporaleschi a carattere convettivo molto intensi, soprattutto sull’arco Alpino ad alte quote. In inverno il regime di piovosita’ media non dovrebbe subire grandi modifiche, ma l’intensita’ e frequenza di eventi di piovosita’ intensa dovrebbe aumentare, con un consequente aumento del rischio di alluvioni ed esondazioni di fiumi».
Di fronte a queste sfide, l’Italia potrà contate su Italia Meteo, la nuova Agenzia Nazionale per la Meteorologia e Climatologia. Carlo Cacciamani, suo direttore fino allo scorso 24 Gennaio, spiega che questa agenzia avrà il ruolo di servizio meteorologico civile nazionale e affiancherà il Servizio dell’Aeronautica Militare, che mantiene i suoi compiti a supporto della Difesa e della Sicurezza del paese.
«Per svolgere tale attività l’Agenzia deve operare in stretta sinergia con gli Enti Meteo presenti sul territorio nazionale e che a vario titolo operano nei settori della meteorologia e climatologia in modo da fare tesoro delle competenze acquisite e valorizzare i prodotti e i servizi disponibili» dice Cacciamani.
Particolarmente rilevante sarà il ruolo di ItaliaMeteo nel coordinamento e nell’armonizzazione dei risultati ottenuti nelle diverse realtà regionali sulla tematica cruciale dell’emergenza climatica e suo compito specifico sarà convogliare le attività e le conoscenze in ambito climatologico, mettendo a sistema le esperienze distribuite in Italia in tutti gli enti che oggi svolgono le loro attività, in molti casi di grande rilievo tecnico, in modo però disomogeneo.
«Vista l’importanza strategica di queste tematiche, è fondamentale che alla conoscenza e allo studio del clima e dell’evoluzione dei fenomeni meteo si accompagni una corretta comunicazione di questi aspetti e la sensibilizzazione dei cittadini, con l’obiettivo di rendere le informazioni scientifiche più accessibili e maggiormente comprese per sviluppare e accrescere la consapevolezza comune». Proprio questo articolo, scritto in stretto coordinamento tra Agenzia ItaliaMeteo e alcuni Enti Meteo che possiedono conoscenze e competenze specifiche inerenti la meteo-climatologia in area alpina, è un primo esempio di come tale collaborazione possa essere realizzata e sviluppata in futuro.