Tassi in salita, modifiche alla manovra e liti sul Mes. Sale la tensione Governo-Bce

Sono tre i temi di discussione lungo i quali è trascorsa la giornata politico-economica. Si comincia dalla Manovra.

Le discussioni in corso al Parlamento ed i rilievi mossi dall’Europa (che comunque ha approvato il testo bocciando, ad esempio, quella di Berlino) e gli accordi all’interno della maggioranza stanno portando ad alcune modifiche dal profondo significato politico, più che economico.Cominciamo dal famoso limite per l’utilizzo del pos; se inizialmente l’esecutivo aveva previsto un innalzamento a 60 euro oggi sembra sempre più certa una riduzione e, attenzione, non a 40 euro, come emerso ieri, ma addirittura a 30 euro. Un gesto che guarda soprattutto a Bruxelles dato che la Ue proprio su questo tema aveva posto una delle sue critiche alla Legge di Bilancio.

Novità anche sulle pensioni. Come fortemente richiesto da Forza Italia (Berlusconi lo aveva ribadito anche ieri) la minima dovrebbe salire a 600 euro ma solo per gli over 75. Il problema in questo caso è legato alla mancanza di fondi per allargare la fascia d’età. E in questa disperata caccia al denaro per modificare la manovra si sta facendo strada anche l’ipotesi di ridurre da 8 a 7 i mesi in cui il reddito di Cittadinanza verrà concesso alle persone cosiddette «occupabili»; una riduzione che potrebbe portare nelle casse dello Stato 200 milioni onda destinare altrove.

L’altra notizia di giornata è stato il (previsto) aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bce. Un +0,5% che come sempre ha provocato scossoni violenti sui mercati. Milano ha chiuso con una perdita oltre il 3% ed anche lo spread ha ricuperato la soglia psicologica dei 200 punti. Il tasso sui depositi arriva quindi al 2%, quello sui rifinanziamenti principali al 2,5% e quello sui prestiti marginali al 2,75%. Una mossa che ricalca quella della Fed di ieri che ha portato i tassi a livelli ancora più alti rispetto ai nostri, al 4,25%/4,5%.

Christine Lagarde nell’annunciare l’aumento ha di fatto spiegato che non sarà l’ultimo ed è legato alla corsa dei prezzi: “l’inflazione continua a essere di gran lunga troppo elevata e, secondo le proiezioni, si manterrebbe su un livello superiore all’obiettivo per un periodo di tempo troppo prolungato” ha detto la presidente della Banca Centrale Europea che però ha parlato anche di altro.

A cominciare dal Pnrr per il quale la Bce ha chiesto ai vari governi di attuarlo in tempi rapidi dato che gli scenari economici del futuro non sono rassicuranti. In realtà la Bce nel suo documento parla per l’inizio del 2023 di una «leggera recessione, non troppo profonda». Per proseguire poi con le cattive notizie (ce ne fosse bisogno) della conferma che da marzo partirà la tanto temuta «marcia indietro» sugli acquisti dei titoli di Stato dei vari paesi.

La decisione della banca centrale e le parole molto preoccupate della Lagarde hanno però scatenato la reazione del nostro esecutivo. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto: «Non ho capito il regalo di Natale che la presidente Lagarde ha voluto fare all’Italia tra la promessa di ulteriori rialzi e lo stop agli acquisti dei titoli di Stato».Tensione invece con il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sul Mes, altro tema spinoso. La posizione del titolare del dicastero dell’economia è chiara: parere negativo e comunque ogni decisione definitiva rinviata ad un approfondito dibattito in Parlamento. Un parere analogo a quello della premier, Giorgia Meloni, che non ha mai fatto mistero delle sue perplessità nei confronti del Meccanismo Europeo di Stabilità per il quale l’Italia resta l’unico paese senza aver ancora dato la sua opinione, di fatto bloccandolo a livello comunitario.

Inutile dire che oggi la Lagarde (ancora lei) ha chiesto che «Roma lo approvi intendi rapidi». Secca, durante il question time alla camera la risposta sul tema da parte di Giorgetti: ««Il Mes – ha detto – appare un’istituzione in crisi e per il momento in cerca di una vocazione. In parte per colpa sua, in parte no, è un’istituzione impopolare. Nessuno fra i Paesi europei ha voluto chiedere la sua linea di credito sanitaria». Quindi, l’impianto attuale del Trattato istitutivo del Mes appare non tenere conto del diverso contesto di riferimento e appare opportuno che, a monte, siano valutate modifiche.

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