Tocca alla cassazione ricordare come i bambini debbano stare al centro della nostra vita

E’ di qualche giorno fa la sentenza con cui la Cassazione ribadisce un principio fondamentale : i bambini al centro.

Questa volta però a farne le spese sono i nonni, che non potranno così imporre il loro affetto e presenza ai nipoti che non gradiscano una relazione con loro.

Al di là del caso specifico regolato dalla Suprema Corte, siamo al cospetto di un pericoloso crinale rispetto a quel diritto garantito dal Codice Civile, dalla Costituzione italiana e dai trattati internazionali (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, Carta di Nizza), ossia il diritto dei nonni a instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.

Capitano sovente situazioni familiari particolari in cui i figli adulti impediscano ai propri genitori di vedere i nipotini ed è per questo che il nostro ordinamento ha previsto la possibilità degli ascendenti (i nonni) di promuovere un autonomo giudizio per vedere riconosciuto il loro “sacrosanto” diritto alla frequentazione dei minori.

La Cassazione ha però deciso che non ci possa essere alcuna “imposizione ‘manu militari’ di una relazione sgradita e non voluta” soprattutto se si tratta di ragazzini capaci “di discernimento” o che abbiano compiuto i 12 anni d’età.

Motivazione che, astrattamente, ci può anche stare perchè rispondente a una logica plausibile sotto certi profili, ma non è questo il punto.

Il punto è che sono anni che le Corti, nel mettere il benessere dei minori ‘al centro’, li espongono ad un vuoto affettivo e forse persino ad un cortocircuito educativo ad alto rischio per il loro sviluppo psico-emotivo.

Ricordo le sentenze che esprimono il medesimo principio nei confronti dei padri, la cui presenza non può essere imposta ai minori che ne rifiutino categoricamente la frequentazione (così la Cassazione nel 2019).

E non è la sola pronuncia di questo tipo, perché il trend ormai è tracciato: quello di attribuire ai minori ‘capaci di discernimento’ (che poi vuol dire tutto e nulla) o a quelli ultra-dodicenni (un’età in cui si possono commettere valutazioni improvvide o errori fatali) un potere insindacabile dal mondo degli adulti.

Il potere di scelta, che comprende anche quella di precludere a se stessi un rapporto affettivo con un genitore o i nonni.

La butto lì, come si suol dire, tutt’altro che provocatoriamente: ma non si sta forse esagerando?

L’adultizzazione dei minori sta raggiungendo livelli parossistici tali da sovvertire le regole dell’evoluzione, quelle secondo cui i figli – nel bene o nel male – debbono adeguarsi alle gerarchie, ricevendo dal mondo degli adulti (genitori e nonni) quegli insegnamenti di vita che li renderanno poi adulti maturi e consapevoli.

Assegnare ai minori il potere di recidere rami familiari a loro piacimento, in nome di un capriccio o di un condizionamento esterno (perché magari sospinti a non voler vedere un genitore o i nonni da madri/ padri malevoli e manipolatori), li rende più liberi o forse solo più soli e fragili in ottica di crescita?

Oggi i minori possono decidere l’identità sessuale, l’identità affettiva, e un giorno cosa?

L’insegnante adeguato che tollera quando non fanno i compiti, il vigile simpatico che non li sgrida se giocano per strada a pallone contro le auto parcheggiate? Magari – e spingiamoci persino oltre – la mamma e il papà più confacente, quello meno severo e con maggiori disponibilità di tempo e denaro per condurli a Disneyland o permettere loro di uscire la sera a qualsiasi ora?

In una futuristica società di ‘bambini al centro’ arriveranno persino ad inventare il supermarket dei genitori e dei nonni, con i cartellini appesi al collo in cui la merce umana esposta magnificherà le proprie qualità per farsi scegliere dal piccolo avventore che gira per i corridoi annoiato, conscio di un potere supremo che gli è stato incautamente attribuito.

info: missagliadevellis.com

Leggi su panorama.it