Tra Draghi e Colle, Conte ha perso l’attimo

Giuseppe Conte ha raccolto poco, almeno fino ad oggi, nel suo tira e molla con il premier Draghi. La posizione “pacifista” sull’invio delle armi in Ucraina è stata fatale per il leader 5 stelle poiché ha prodotto lo sfaldamento del partito, con il ministro degli Esteri Di Maio che ha traslocato autonomamente al centro seguito da un folto gruppo di parlamentari. Al tempo stesso, nonostante le polemiche e le scissioni, Conte non ha avuto la forza di mollare il governo Draghi e la maggioranza parlamentare. In gergo sportivo si direbbe che ha perso l’attimo. Ora non solo il capo pentastellato ha una linea politica ambigua, un partito in caduta libera, ma è anche incastrato nel suo potenziale spazio di manovra.

Dopo lo scontro sotterraneo con Draghi, e quello aperto con Di Maio, la logica avrebbe voluto un passaggio all’opposizione per riguadagnare terreno nei consensi in vista delle elezioni politiche, ma l’ex Presidente del Consiglio preferisce non rischiare. In ballo ci sono proprio le future alleanze politiche. Quella con il Pd sarebbe a rischio se il Movimento 5 Stelle andasse all’opposizione, ma anche le relazioni con i piccoli partiti di sinistra sarebbero più difficili per non dire dell’impraticabilità dei rapporti con i gruppi centristi. Per questo Conte ha evitato il salto. Tuttavia, tale debolezza politica non è priva di conseguenze.

Innanzitutto, il leader pentastellato appare come un alleato meno affidabile agli occhi di molteplici alleati che a breve dovranno costruire una coalizione complicata. In questa fase, la posizione di Conte appare più vicina a quella del leader della Lega Matteo Salvini che a quella dei suoi alleati. Il suo atteggiamento appare indigesto anche al Quirinale, che ha svezzato e protetto Conte sul piano politico e oggi lo ritrova riottoso verso Draghi e recalcitrante rispetto alla linea del governo proprio sui temi internazionali su cui il Presidente della Repubblica esercita la propria leadership velata. In termini di scenario, siamo di fronte a due bipolarismi: uno interno al governo con Conte e Salvini da un lato e tutti gli altri su quello opposto; uno di tipo politico, classico, tra centrodestra e centrosinistra. Questo complica il lavoro di Draghi.

Sarà difficile che si possano ottenere importanti riforme da una coalizione così fatta e vicina alle elezioni, risulta estenuante il lavorio di mediazione richiesto per trovare accordi su micro-politiche e per varare la futura legge di bilancio; più complicato è il mantenimento di un equilibrio tra l’esterno – i vincoli europei ed internazionali – e l’interno, i tanti partiti della coalizione. Insomma lo scenario non è roseo per il sistema politico in generale, anche perché sul piano economico-sociale la situazione si aggrava ogni settimana: all’inflazione in aumento seguirà la recessione ed un costo del debito molto maggiore. Insomma, il governo Draghi rischia di finire all’esatto opposto di quanto programmato, cioè con una unità nazionale scomposta e soprattutto con una crisi economica che sferza gli italiani. A quel punto i tanti malesseri del paese finirebbero per venire a galla rapidamente.

E in conclusione si ritorna al Movimento 5 stelle: che fine faranno tutti quei consensi colti dall’antipolitica nelle elezioni del 2018? Due gli scenari: l’evaporazione del grillismo genera una ripartizione di quei consensi “spalmata” su più partiti, con un impatto tale da impedire una vittoria netta sia alla destra che alla sinistra; oppure gran parte di quella rabbia elettorale finisce per essere convogliata altrove – magari verso Fratelli d’Italia, unico partito d’opposizione e in forte crescita – e diventa decisiva per la conquista della maggioranza dei seggi a destra. In ogni caso, l’Italia si ritroverà nella tempesta e le intemperanze di Conte saranno forse soltanto un ricordo minore in un quadro politico totalmente mutato.

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