Trovata microplastica in una pianta

Era il 1856 quando fu prodotto il primo tipo di plastica non ancora del tutto sintetica. Il chimico inglese Alexander Parkes sciolse fibre di nitrato di cellulosa in acido nitrico e solforico, mescolò il tutto con oli vegetali e nafta di legno e ottenne un composto estremamente modellabile, la cosiddetta Parkesina. Da allora, in un breve arco di tempo se paragonato ai tempi dei geologici, la plastica nelle sue nuove e più sofisticate versioni è stata rinvenuta ovunque, dal suolo ai fiumi, dal cibo all’acqua imbottigliata e perfino nel corpo umano. Ma questa è la prima volta che viene trovata intrappolata in una pianta.

La scoperta, come molte nella storia della scienza, è avvenuta per caso. Ricercatori dell’Università di Prešov, in Slovacchia, stavano studiando gli organismi che vivono nelle gocce d’acqua che si formano nel punto di intersezione tra foglia e fusto in una particolare specie del genus Dipsacus. Di fatto, si trattava di una particolare specie di cardo le cui foglie di diramano dal fusto una sull’altra in differenti livelli formando piccoli incavi chiamati fitotelmi. Possiedono un fitotelma, a tutti gli effetti un microecosistema acquatico, altre piante, per esempio quelle carnivore, le palme, i bambù e le famiglie cosiddette Bromeliaceae e Pandanaceae. Dentro un fitotelma vivono alghe, batteri, funghi, protozoi e talvolta crostacei e insetti e alcune specie di rane vi compiono il loro sviluppo larvale.

Con loro sorpresa, sul fondo del fitotelma del cardo i ricercatori vi hanno trovato frammenti e fibre colorate, alcune lunghe fino a 2,4 mm, e successivamente identificate come microplastiche. Nel loro articolo, pubblicato sulla rivista accademica BioRisk, i ricercatori si sono chiesti come questi frammenti possano essere finiti in quella posizione dato che nell’area circostante erano assenti sorgenti di inquinamento. Una delle loro ipotesi è che le microplastiche siano arrivate direttamente dall’inquinamento dell’atmosfera, un’altra che le lumache possano averle trasportate dal suolo o da altre piante. E, sottolineano, il trasporto può essere avvenuto all’interno del corpo di quesri animali. «

Questo ritrovamento delle microplastiche nelle piante è un’ulteriore evidenza che la contaminazione della plastica ormai è ubiquitaria e si diffonde attraverso i canali più disparati all’interno della vita biologica» si legge nell’articolo «Possiamo dire con certezza che nessun ecosistema o specifico ambiente terrestre è ormai al sicuro, non c’è ormai nessun ambiente sicuro per la specie umana». Nello stesso tempo, questa ricerca di fatto candida i fitotelmi delle piante come bioindicatori di inquinamento, cioè come luoghi in cui effettuare analisi ambientali.

Finora, la ricerca scientifica si era perlopiù concentrata su varie vie (pathways) di contaminazione nell’ambiente marino. Quello che è ormai chiaro è che la diffusione delle microplastiche parte dai livelli inferiori della catena alimentare, per esempio fitoplancton e zooplancton, e poi si diffonde via via all’intero ecosistema ittico globale. Ci sono poi alcuni pesci, come le alici, che sono direttamente attratti dall’odore dei frammenti plastici quando sono avvolti da microalghe che dissimulano la loro origine non biologica. Nell’apparato digerente del predatore la plastica si diffonde e viene assorbita dall’organismo.

La plastica che buttiamo nelle strade, o volontariamente o involontariamente, prima o poi finisce in mare trascinata prima dalle piogge e poi dai fiumi. Ma ora, dopo questo studio, sappiamo che anche la plastica che rimane a lungo nel terreno potrebbe passare alle piante attraverso organismi quali le lumache. Da quanto sappiamo, il consumo di pesce e acqua in bottiglia di plastica è finora il maggior agente di trasporto di microplastiche nel corpo umano. Secondo studi effettuati in Germania, e recentemente dall’università di Catania, l’acqua in bottiglia contiene circa 22 volte più microplastiche dell’acqua di rubinetto e la fonte di contaminazione non è solo lo stress meccanico ma anche la matrice stessa della bottiglia. La microplastica accumulata nel corpo umano può alterare le funzioni cellulari con vari effetti pericolosissimi per la salute. Tutto questo dovrebbe indurre in noi maggiore cautela nell’uso di involucri di plastica per l’alimentazione e maggiore attenzione nel trattamento dei rifiuti.

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