giovedì, 5 Dicembre 2024
Tumore della vescica, svelato cosa lo rende aggressivo
La perdita di una proteina, definita Numb, potrebbe essere all’origine dei meccanismi che portano il tumore della vescica a diventare più aggressivo e invasivo, consentendogli di oltrepassare gli strati superficiali della mucosa vescicale per raggiungere gli strati più profondi. È quanto hanno scoperto ricercatori dell’Istituto europeo di oncologia (Ieo) e dell’Università degli studi di Milano in uno studio pubblicato su Nature Communications.
“La proteina Numb funziona come un interruttore molecolare che, se è spento, accelera la progressione tumorale e influenza il decorso clinico della malattia. Rappresenta quindi un biomarcatore molecolare che consente di identificare i tumori superficiali a elevato rischio di progressione verso tumori muscolo-invasivi”, spiega il coordinatore dello studio Salvatore Pece, professore ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore del Laboratorio “Tumori Ormono-Dipendenti e Patobiologia delle cellule staminali” dello Ieo.
Per giungere alla scoperta i ricercatori hanno analizzato il profilo molecolare sia in cellule in coltura e animali di laboratorio, sia in campioni di tumori umani privi dell’espressione di Numb ricostruendo il circuito molecolare che porta all’aggressività del tumore. La scoperta ha immediate implicazioni cliniche consentendo di sfruttare la proteina Numb come marcatore per identificare i pazienti a più alto rischio che “necessitano di trattamenti più aggressivi, quali la chemioterapia e l’asportazione chirurgica della vescica”, dice Pece.
Possibili, però, anche ricadute sul trattamento di questa neoplasia: “In esperimenti di laboratorio abbiamo dimostrato che è possibile inibire la capacità proliferativa e invasiva delle cellule tumorali prive di Numb, utilizzando farmaci in grado di colpire questo complesso circuito molecolare a diversi livelli”, spiega Daniela Tosoni, ricercatrice presso il Dipartimento di oncologia ed emato-oncologia dell’Università di Milano e dello Ieo. La ricerca è stata sostenuta da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro.
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