lunedì, 25 Novembre 2024
Tumori, un pizzico di sale potrebbe potenziare le immunoterapie
Il comune sale da cucina (NaCl), noto
anche come cloruro di sodio, potrebbe potenziare le
immunoterapie contro il cancro. Secondo i dati di una nuova
ricerca, pubblicati sulla rivista Nature Immunology, l’aggiunta
di una quantità specifica di sale potrebbe avere un’utilità
inaspettata nella preparazione delle terapie cellulari contro il
cancro, come le CAR-T o le TCR, in cui i linfociti di un
paziente vengono prelevati, modificati in modo che riconoscano
meglio le cellule tumorali e poi infusi nuovamente nel paziente
stesso.
Condotto presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di
Rozzano, lo studio mostra che, se il sale è somministrato ai
linfociti T in coltura prima dell’infusione nel paziente, si può
aumentarne l’azione terapeutica.
La scoperta è di un gruppo di ricercatori guidati da Enrico
Lugli, responsabile del Laboratorio di Immunologia Traslazionale
e del Flow Cytometry Core.
La ricerca ha un alto potenziale traslazionale: se futuri
studi clinici confermeranno i risultati ottenuti, il sale
potrebbe diventare un ingrediente importante, oltre che
accessibile ed economico, da aggiungere alla combinazione di
citochine e metaboliti già ora in uso nella preparazione delle
terapie cellulari contro il cancro.
Il gruppo ha scoperto che una singola aggiunta di sale alle
cellule coltivate in laboratorio è in grado di risvegliare le
cellule stesse, aumentandone la persistenza e l’azione
anti-tumorale. Gli esperimenti si sono concentrati sull’utilizzo
di sale nella fase di preparazione delle cellule T, prima della
loro infusione. I ricercatori hanno in particolare dimostrato
che questo trattamento preparatorio è in grado di prevenire
l’esaurimento delle cellule (ovvero evita che le cellule perdano
la capacità di svolgere la loro azione e smettano di
proliferare) una volta trapiantate.
Ulteriori studi hanno rivelato che livelli di sodio più
elevati nel sangue sono associati a una migliore risposta
all’immunoterapia del cancro, inclusa quella con i cosiddetti
inibitori dei checkpoint. Seppur preliminari, i risultati
suggeriscono che si possa aumentare l’azione anti-tumorale dei
linfociti.
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