Turismo estremo: in vacanza col pericolo

Cresce il numero di italiani che si avventurano verso mete sconsigliate dalla Farnesina. L’ultimo esempio è l’isola di Socotra, dove i connazionali sono stati costretti ad aspettare la ripresa dei voli a causa del conflitto in corso. Ma c’è un’attrazione – incosciente – anche per Afghanistan, Libano e Iraq.


Venerdì 17 maggio un gruppo di turisti occidentali girava per il bazar di Bamiyan, nel centro dell’Afghanistan. Il viaggio, incosciente, li aveva portati ad ammirare le nicchie, vuote, scavate nella roccia delle gigantesche statue di Buddha fatte saltare in aria e prese a cannonate da Osama bin Laden nel 2001. Uomini armati hanno preso di mira il gruppo, uccidendo tre turisti spagnoli e ferendo altri otto occidentali e guide afghane. Del gruppo «vacanze estreme» facevano parte anche norvegesi, lituani e australiani. L’attacco è stato rivendicato dallo Stato islamico del Khorasan, la costola afghana del Califfato, che considera i talebani troppo arrendevoli. «Morire in Afghanistan per turismo è assurdo. Viaggiare significa sapere apprezzare il mondo. Non è necessario andare alla ricerca di un posto pericoloso per provare il brivido della scoperta» commenta con Panorama Nicola Minasi, a capo dell’Unità di crisi della Farnesina. E lancia l’allarme per l’Italia: «Di recente è emersa una forte tendenza da parte di alcuni privati che organizzano tour turistici in zone sconsigliate, come nel caso di qualche settimana fa a Socotra, o da appassionati del cosiddetto “dark tourism”, il turismo basato su viaggi in luoghi pericolosi o percepiti come tali».

Una quindicina di turisti milanesi, bergamaschi, veneti e un riminese avevano scelto la natura incontaminata dell’isola yemenita, assolutamente sconsigliata dal ministero degli Esteri. L’aereo settimanale è saltato, secondo la Farnesina, «a causa del conflitto in corso» con gli Houti yemeniti che minacciano a colpi di missile Israele e le navi commerciali nel Mar Rosso. Niente di irreparabile, ma i turisti avevano cominciato a far girare appelli sui social, resi allarmanti dai media, chiedendo aiuto per il rimpatrio. «È già successo che siano saltati dei voli. Socotra è molto pubblicizzata dalle agenzie di viaggio come meta paradisiaca, ma non tutte informano i turisti sui rischi e conseguenze del viaggio, come non poter più entrare negli Stati Uniti con la semplice procedura online (Esta). Il luogo è sicuro, ma fa pur sempre parte dello Yemen anche se qualche turista neppure sapeva che ci fosse una guerra nel Paese» racconta Eleonora Sacco, una passione per i viaggi fin dai 18 anni.

A Socotra ha lavorato a lungo come guida. «Si può andare ovunque nel mondo, ma devi essere consapevole di rischi e pericoli» sottolinea la blogger di viaggi. «C’è gente che va in Somalia e ovviamente ha bisogno di una scorta armata. Mi chiedo se il gioco valga la candela quando metti a repentaglio anche vite altrui». Ci sono agenzie, in alcuni casi fai-da-te, che pubblicizzano in rete viaggi ad alto rischio. Per esempio, «Afghanistan ring» è una proposta «a partire da 4.400 euro» per il «ritorno nel Paese più iconico e tormentato dell’Asia centrale». Il viaggio dura due settimane e si dorme anche in «guest house molto basiche». I mezzi di trasporto definiti «in sicurezza» sono Suv o Minivan. Fra le tappe, Bamiyan (dov’è avvenuta l’imboscata ai turisti) e Kandahar, capitale storica dei talebani infestata anche dai 23 gruppi terroristici segnalati nel Paese dall’Onu. «L’apertura al turismo dei talebani segna un importante segnale di ripresa» si legge su una delle proposte di vacanze afghane. «In questo contesto la destinazione si considera meta davvero imperdibile». «In questo momento andrei più volentieri in Afghanistan piuttosto che ad Haiti in mano alle gang criminali» sostiene Flavio Ferrari Zumbini, fondatore del blog Turismo estremo. A Bamyan c’è stato nel 2018 «partecipando alla maratona organizzata da una Ong con le ragazze afghane per dimostrare che lo sport è uno strumento di rivalsa».

Il blogger romano dei viaggi oltre i limiti sostiene di avere visitato tutti i Paesi del mondo scrivendo un libro. «Nello Yemen non tornerei. Nell’Hadhramaut, la regione infestata da Al Qaida, alla mia guida è partito un colpo per sbaglio che gli ha mozzato un dito. Il timore del rapimento c’era e se mi fosse capitato qualcosa non ne valeva la pena» sottolinea il giramondo. «C’è tanta voglia di avventura. Il viaggio in un posto pericoloso, esotico, è una specie di status symbol, un distinguersi dalla massa» afferma Zumbini. «Poi, però, c’è sempre qualcuno che impazzisce per uno scarafaggio in stanza oppure se non trova l’acqua calda». Un’altra agenzia online, invece, propone il Sud Sudan «alla scoperta di una zona geografica poco esplorata, misteriosa e affascinante». Oltre la guerra civile al Nord, la Farnesina evidenzia che «la situazione è estremamente instabile in particolare a Bor e a Pibor, a causa dei combattimenti tra comunità». Un’altra meta discutibile è il Somaliland, stato a rischio e non riconosciuto del Corno d’Africa, mentre in rete trovi ancora tre posti per un viaggio in Iraq, a settembre, sconsigliato dalla Farnesina. E non dimentichiamo la Corea del Nord, che il blogger di spedizioni estreme reputa «destinazione pericolosa solo se tiri le uova sui poster di Kim Jong-un», il dittatore locale.

Un’agenzia propone il Libano visitabile, ma al sud gli Hezbollah si scontrano ogni giorno con gli israeliani, e la Siria non del tutto pacificata. Fra «le maestose rovine di Palmira» i tagliagole dello Stato islamico decapitavano i prigionieri. La «famosa cittadella di Aleppo» è stata devastata dal sanguinoso conflitto. Ogni mese arriva un report degli attentati a macchia di leopardo dei gruppi jihadisti. Ovviamente l’agenzia riporta in neretto che «la sicurezza è una priorità». Il ministro plenipotenziario Minasi spiega che «i nodi emergono quando si va in posti problematici e i tour operator, o pseudo tali, non sono in grado di affrontare l’emergenza. In seguito al 7 ottobre (giorno dell’attacco stragista di Hamas, ndr) abbiamo riportato a casa, da Israele, 1.200 persone con voli commerciali. In alcuni casi di viaggi per pellegrinaggio, le agenzie si sono volatilizzate oppure hanno avuto il coraggio di chiedere perché dovevano pagare il rientro». Ora la Farnesina vuole coinvolgere gli influencer per lanciare il messaggio «viaggiare sicuri», dal nome del sito dove registrarsi in caso di viaggio per avere informazioni sui Paesi da visitare e scaricare la app che permette all’Unità di crisi di localizzarti e inviarti allerte.

Alcuni di questi viaggi non costano poco, come i 45 mila euro per «il Polo Nord ancora oggi meta di veri esploratori con grande spirito di adattamento, alla ricerca di un’esperienza profonda, unica». Dopo la prima tappa alle isole Svalbard, il salto al Barneo ice camp sulla calotta polare artica da dove si parte con gli sci. «Non si tratta certo di un itinerario comodo» si legge nel programma «al Polo le temperature fanno registrare minime tra i meno 25 e i meno 45 gradi». Spesso il turismo estremo per ricchi è il meno intelligente. Un tragico esempio è la missione con l’artigianale sommergibile imploso la scorsa estate per raggiungere il relitto del Titanic a 3.800 metri di profondità. A bordo cinque persone, tra cui un imprenditore pachistano con il figlio che aveva pagato 250 mila dollari. Adesso un altro imprenditore ed ex astronauta, Larry Connor, vuole riprovarci con il nuovo sottomarino Triton, un investimento da 20 milioni di dollari. Per non parlare dell’avventura estrema in montagna: Garret Madison, alpinista americano, organizza spedizioni su vette mai scalate prima. «Un cliente ha acquistato un viaggio per la cima del monte Vinson, in Antartide pagando 200 mila dollari» ha raccontato. «Si tratta dell’ultima tendenza: i miliardari vogliono un’avventura privata con gli amici».

Molti siti delle agenzie dei viaggi pericolosi propongono anche mete, più o meno a rischio, in Africa. Lo scorso ottobre un turista inglese, un sudafricano e il loro autista ugandese sono stati trucidati nel Parco nazionale Queen Elizabeth al confine con il Congo, dove vivono i gorilla di montagna. Gli assassini farebbero parte di un gruppo ribelle islamista. Tutta l’area del Sahel è zona rossa per rapimenti, minacce jihadiste e bande criminali. «Chi si mette in pericolo, per la legge italiana, deve poi risarcire le spese del soccorso» fa notare Minasi. «Questo principio vale anche per l’estero, ma finora non è mai stato applicato. Altri Paesi lo fanno». Zumbini spiega sul suo blog: «Mi avventuro verso mete pericolose, sconsigliate, remote, estreme. O anche in luoghi dove sono accaduti eventi terribili per cause naturali o umane». Secondo il viaggiatore estremo «se cerchi la foto stupida per Instagram a Khartoum, rischiando la vita, la Farnesina non dovrebbe venire a recuperarti». Totalmente contrario a far pagare allo Stato un riscatto in caso di rapimento, si tutela con un’adeguata assicurazione che «preveda l’evacuazione medica». Eleonora Sacco, la blogger di più attenta nelle destinazioni a rischio, ammette che «come guida il dispiacere è assistere, a volte, al completo disinteresse del turista avventuroso per la cultura locale. Il posto incontaminato diventa solo un palcoscenico da selfie. Non hanno il vero senso del viaggiare».

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