martedì, 26 Novembre 2024
Tutte le regioni favorevoli all’aumento delle estrazioni di gas. Ma non si dice e il gas resta sotto terra
Dopo due anni di fermo delle nuove ricerche di idrocarburi, voluto con la moratoria imposta dal governo gialloverde Conte 1 nel 2019, finalmente è stato pubblicato il Pitesai. E’ la mappa dei tesori del sottosuolo italiano. Quelli che possiamo estrarre, diventando tutti un pò più ricchi, o almeno un po’ meno poveri. La mappa degli idrocarburi italiani che domani possiamo estrarre, pagando un po’ meno di bollette, e diventano un po’ più liberi da Putin.
E’ il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, uno strumento di pianificazione generale delle attività minerarie sul territorio nazionale, volto ad individuare le aree dove sarà possibile svolgere o continuare a svolgere le attività di ricerca, prospezione e coltivazione degli idrocarburi in modo sostenibile.
La sua pubblicazione è passata un po’ in sordina, forse per uno spirito di responsabilità trasversale a tutte le forze politiche e agli enti locali che di fronte al caro bollette hanno abbandonato la solita polemica nimby con cui tutti hanno cavalcato i comitati locali senza chiedersi mai come si sarebbero riscaldati. Persino Legambiente, Greenpeace, wwf, per il momento tacciono. Le bollette le pagano tutti.
L’iter ha visto un complesso lavoro iniziale di mappatura, portata avanti insieme ad istituti di ricerca specializzati (Ispra, Rse), in seguito al quale il Ministero della Transizione Ecologica ha proposto il Piano che è stato così sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica (VAS), processo che prevede una fase di consultazione interamente pubblica. Il 29 settembre 2021, in linea l’impegno preso, il Piano è stato consegnato dal MiTE avviando così la fase di interlocuzione con la Conferenza Unificata delle Regioni che a dicembre 2021 si è pronunciata positivamente, proponendo il vincolo di valutazione di possibili attività connesse a permessi di ricerca limitandole esclusivamente al gas.
Questo aspetto è fondamentale perché tutte le regioni, tutte, all’unanimità, hanno approvato il piano. Anche quelle che finora erano contrarie. Anche quelle che chiesero il referendum anti trivelle (perso) del 2016. Anche quelle che continuano a fare ricorsi contro le compagnie che hanno presentato permessi. Anche quelle che hanno inveito contro il decreto “sblocca Italia” che sbloccava la ricerca. Anche quelle con i Presidenti che un giorno si e l’altro pure si fanno capipopolo dei loro comitati nimby. Anche quelli che vanno dai loro sindaci a promettere che nel loro comune mai. Anche quelle che promettono che si opporranno senza se e senza ma. Anche quelle che il loro mare no. Che il mare è il loro gas. Tutte. Tutte le regioni d’Italia hanno approvato la nuova mappa delle estrazioni. Anche se da domani torneranno a chiamarle trivelle.
Il Piano per la Transizione energetica sostenibile delle aree idonee tiene conto di tutte le caratteristiche del territorio, sociali, industriali, urbanistiche e morfologiche, con particolare riferimento all’assetto idrogeologico ed alle vigenti pianificazioni e, per quanto riguarda le aree marine, considera principalmente i possibili effetti sull’ecosistema, nonché tiene conto dell’analisi delle rotte marittime, della pescosità delle aree e della possibile interferenza sulle coste. Nella realizzazione del Piano, si è tenuto conto dei criteri di sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica.
Al momento ci sono circa 90 permessi in attesa di Pitesai dal 2019, 5 permessi di prospezione, 24 istanze di permesso di ricerca, 1 di concessione di coltivazione in mare e 50 permessi di ricerca a terra più 9 istanze in Sicilia.
I criteri ambientali del Piano sono stati definiti sulla base delle caratteristiche territoriali e ambientali delle aree di studio individuate in base alla presenza di vincoli normativi, regimi di protezione e di tutela a vario titolo e di particolari sensibilità/vulnerabilità alle attività oggetto del PiTESAI.
I criteri sociali ed economici sono stati invece individuati considerando: – da un lato l’obiettivo del PNIEC di prevedere ancora un utilizzo del gas nel medio periodo per la transizione energetica verso la decarbonizzazione al 2050, tenendo altresì presente i contenuti della Comunicazione della Commissione, dall’altro dell’indirizzo generale che si pone il PiTESAI di valorizzare le concessioni in stato di produttività, rispetto a quelle che invece versano in situazioni di cronica improduttività, agendo tempestivamente sulle concessioni che non hanno mai prodotto per un periodo ampio e sulle concessioni diventate improduttive di fatto (per un periodo maggiore di 5- 7 anni); – l’applicabilità della metodologia di analisi Costi-Benefici quale strumento di supporto alle decisioni, al fine di individuare caso per caso, sulla base di dati aggiornati forniti dal concessionario e delle migliori stime disponibili del valore della produzione, le concessioni vigenti in terraferma che a scadenza del titolo minerario risulta di interesse pubblico prorogare in virtù del loro impatto complessivo sostenibile in termini ambientali e socio-economici sul territorio, oppure per le quali dichiarare conclusa l’attività estrattiva e procedere con la dismissione degli impianti ed il ripristino ambientale dei luoghi.
Il Piano è concepito anche nella logica di ragionevole strumento capace di introdurre un nuovo impulso all’economia locale mediante l’apertura nel medio periodo di nuovi cantieri, con la creazione di nuovi posti di lavoro, sia per la dismissione delle strutture di coltivazione a fine vita sia per la potenziale valorizzazione delle stesse in chiave non estrattiva.
Nel decreto è scritto che, in seguito della adozione del PITESAI, saranno considerati dal MITE, in coordinamento con il Ministero dello sviluppo economico e con le Regioni, opportuni percorsi di reskilling e di creazione di nuove attività lavorative, anche in settori non energetici, che reimpieghino la manodopera locale, anche per le aree che risulteranno idonee ma per le quali verrà comunque in prospettiva a mancare l’occupazione per l’esaurimento naturale dei giacimenti, promuovendo l’utilizzo delle royalties da parte delle Regioni, in particolare quelle del Mezzogiorno, per la realizzazione di progetti locali che nel corso del tempo riassorbano l’occupazione.
Inoltre vengono aumentati di 25 volte i canoni di concessione.
Come abbiamo visto dunque questo Piano è già comprensivo di tutte le autorizzazioni ambientali necessarie. Sicuramente l’aumento delle bollette e la scarsità di approvvigionamento dovuto proprio al fatto che fino ad oggi avevamo il gas e non lo abbiamo raccolto, ha agevolato il silenzio con cui è stato approvato. Ma siamo certi che nonostante l’approvazione di tutte le regioni, appena il piano si concretizzerà nella ricerca effettiva, alla prima piattaforma urleranno al notriv. Del resto è ciò che stiamo vedendo con il piano per il Cnapi, la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee a ospitare il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico deo rifiuti radioattivi.
Come per il gas, basterebbe dire alle regioni contrarie che non possono più fare terapie ed esami radiologici nei propri ospedali, e vedere se continuano a rifiutare un deposito controllato e sicuro.
Il gas lo abbiamo, ora possiamo estrarlo, aspettiamo le trivelle.