giovedì, 28 Novembre 2024
Tutte le sfide del nuovo Presidente della Somalia
Dopo un anno di rinvii, domenica scorsa in Somalia si sono tenute le elezioni per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Come largamente previsto ha vinto il 66enne Hassan Sheikh Mohamud, ex Presidente tra il 2012 e il 2017, con 214 voti su 328 da deputati e senatori che hanno votato sotto una tenda eretta nel perimetro dell’aeroporto di Mogadiscio, dove le forze di sicurezza sono onnipresenti visto che gli al-Shabaab affiliati ad al-Qaeda colpiscono di continuo in tutto il Paese.
La vittoria del neo-Presidente è arrivata dopo un voto-maratona in due turni che coinvolgeva i 36 candidati trasmesso in diretta alla tv. Alla fine Sheikh Mohamud ha battuto il Presidente uscente Mohamed Abdullahi Mohamed detto Farmajo (che ha tentato in tutti i modi di non far tenere le elezioni e voleva prolungare il suo mandato di altri due anni), che insieme al vincitore e altri due candidati si era qualificato per il secondo voto dei parlamentari. Alle elezioni presidenziali avrebbero dovuto partecipare tutti i cittadini somali come previsto dalle legge varata nel 2020 dall’ex presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, ma a causa dell’insicurezza nel Paese è stato deciso di non procedere e di mantenere il vecchio sistema che è fatto di trattative private tra i vari clan, e la compravendita di voti e a tal proposito il senatore Abdi Ismail Samatar al New York Times, ha dichiarato «che dal punto di vista della corruzione l’ultimo ciclo elettorale potrebbe essere classificato come il peggiore nella storia del Paese».
Nonostante il risultato sia stato salutato con favore da molti analisti anche solo per il fatto che si è votato e che non ci siano stati attentati durante le operazioni di spoglio, sulla figura di Hassan Sheikh Mohamud c’è scetticismo visti i rapporti con il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il Qatar e la Fratellanza musulmana con la quale ha forti legami attraverso al-Islah, il ramo somalo dei Fratelli musulmani che è stato fondamentale per ricostruire il sistema educativo che Hassan Sheikh Mohamud ben conosce bene visto che è stato tra i fondatori di una delle più importanti università della Somalia.
In ogni caso per Hassan Sheikh Mohamud islamista moderato (anche se lui dice di non esserlo più) che resta uno dei pochissimi leader rimasti in Somalia durante i 30 anni di guerra civile, non sarà affatto facile il compito che lo attende. Il Paese è alle prese con gravissimi problemi: c’è la grave siccità che l’ONU avverte potrebbe degenerare in carestia se non affrontata tanto oltre 3,5 milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari urgenti, inoltre, attenzione al dato che dice che nell’ultimo mese più di 6 milioni di persone sono rimaste senza acqua e cibo, e molte famiglie sono hanno lasciato le campagne per trsferirsi nei centri urbani. C’è poi la continua lotta contro i jihadisti di al-Shabaab che controllano molte aree del Paese e sono inseriti anche all’interno di quel che resta dello Stato somalo, l’aumento del costo della vita e l’inflazione dilagante innescata dalla guerra in Ucraina, poi sul fronte interno c’è la crescente spaccatura tra il governo federale e gli Stati regionali, che è rimasta una grande preoccupazione per tutta la presidenza del suo predecessore inoltre c’è il tema della corruzione che è ad ogni livello. Hassan Sheikh Mohamud dovrà anche provare a ricucire i rapporti con Paesi come il Kenya, Gibuti e gli Emirati Arabi Uniti (UAE) con i quali la vecchia amministrazione ha avuto contrasti e anche con il Kenya con il quale ha avuto una disputa legale su un triangolo di 100.000 kmq nell’Oceano Indiano che si ritiene sia ricco di petrolio e gas. Oggi Kenya e Somalia hanno rotto i rapporti diplomatici. Ma queste elezioni le ha vinte come alcuni analisti ritengono Recep Tayyip Erdoğan. oppure qualcosa è cambiato?
E Hassan Sheikh Mohamud riuscirà nel suo compito? Domande che poniamo ad uno storico rappresentante della comunità somala in Italia che preferisce però mantenere l’anonimato: «A mio parere sarà possibile se si riuscirà ad affrontare la carestia e a realizzare percorsi di inserimento lavorativo e di istruzioni massicce e se Hassan, come afferma, ha cambiato orientamento politico e l’abbandono dell’islamismo, sarà un toccasana per i somali». A proposito di Erdoğan del Qatar e della Fratellanza musulmana, il nostro interlocutore osserva che ci sono dei segnali di discontinuità: «Il ritardo delle congratulazioni da parte di Erdogan e il silenzio da parte del Qatar sono eloquenti mentre gli Emirati sono in lutto e quindi il loro silenzio é giustificato, perché non hanno ancora un reggente. Invece l’Arabia Saudita è pronta e presente nel sostenere Hassan. C’e da dire che tra i punti programmatici del nuovo Presidente, vi è la riconciliazione nazionale con le vittime del jihadismo, sul modello sudafricano». Con l’elezione del nuovo Presidente la Somalia potrà accedere agli aiuti previsti dal Fondo monetario internazionale stimati in 400 milioni di dollari anche se come sempre, c’é il timore che molti di questi soldi finiscano nelle mani dei clan. Infine, il giorno dopo le elezioni, Joe Biden ha deciso di rimandare a Mogadiscio alcune centinaia di militari americani. Nell’atto che autorizza la missione secondo il New York Times il Presidente americano autorizza il Pentagono a mettere in campo operazioni militari che hanno come bersaglio i terroristi di al-Shabaab.