Un algoritmo prevede la risposta a farmaci per tumore del colon

Un algoritmo di nuova generazione
permette di identificare i pazienti con tumore del colon retto
che possono trarre beneficio da una terapia attualmente in
sperimentazione. Sviluppato dai ricercatori dell’Irccs Candiolo
e dell’Ifom di Milano potrebbe predire i casi in cui potranno
beneficiare della terapia con inibitori di Parp, una proteina
che ripara il dna delle cellule tumorali, già approvata per
altre forme di cancro.
    Il tumore del colon è una delle neoplasie più diffuse al
mondo e si stima che nel 2023 le nuove diagnosi siano state
circa 50mila, un numero inferiore solo ai nuovi casi di cancro
al seno. Studi precedenti, condotti anche dai ricercatori
dell’Irccs Candiolo, hanno dimostrato che gli inibitori
dell’enzima Parp, già usati per i carcinomi dell’ovaio, del
pancreas, della prostata e della mammella, sembrano efficaci in
un gruppo selezionato di pazienti che presentano un’alterazione
specifica nel sistema di riparazione del dna, chiamata BRCAness.
    Si calcola che questo gruppo di pazienti rappresenti circa il
13% del totale di quelli colpiti dal tumore del colon-retto ma
riuscire a sapere in anticipo quali siano non è semplice.
    Il lavoro, pubblicato sulla rivista NPJ Precision Oncology, “ha visto la partecipazione di molti specialisti diversi, dai
biologi ai bioinformatici”, afferma Sabrina Arena, group leader
dell’Irccs Candiolo e professoressa del Dipartimento di
Oncologia dell’Università di Torino. “Questo team di ricerca
multidisciplinare – aggiunge – ci ha portato a perfezionare il
primo algoritmo sviluppato per il tumore del colon-retto,
chiamato HRDetect, fino ad arrivare alla realizzazione di un
algoritmo di nuova generazione, HRDirect, che potrebbe
semplificare l’identificazione dei pazienti vulnerabile alla
terapia sperimentale con gli inibitori di Parp, ossia l’enzima
che ripara il Dna delle cellule tumorali”.
    HRDirect potrebbe anche contribuire in maniera significativa
alla ricerca di nuovi ‘tallone d’Achille’ del tumore del
colon-retto. Aumentando le conoscenze genetiche, infatti, si
può arrivare a “identificare la presenza di ulteriori
vulnerabilità sfruttabili anche utilizzando altri farmaci”,
conclude Arena.
   

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