mercoledì, 5 Marzo 2025
Una traccia di Putin nella mansion di Anora

Niente Oscar per Yura Borisov, la body guard dal cuore tenero di Anora, ma la Russia egualmente è al settimo cielo per il trionfo agli Oscar del film di Sean Baker. E c’è chi scopre un vago collegamento con Vladimir Putin nella mansion di Basin Mill a Brooklyn usata per le riprese: tra i suoi ex proprietari c’è stato l’oligarca dell’alluminio Vasily Anisimov, entrato nel 2018 nella lista nera del Dipartimento del Tesoro che identifica individui considerati vicini al capo del Cremlino e al suo governo.
Il New York Post è entrato nella villa di Basin Hill, 45 minuti di auto da Manhattan: un vero e proprio colpo per i set designer del film sulla sex worker che sposa il figlio di un oligarca, in quanto costruita con opulenza e rinnovata senza badare a spese in un quartiere dove da tempo ricchi russi hanno messo radici.
La villa appartiene oggi a Michael Davidoff, finanziere figlio di immigrati russi che ci vive con moglie e figli dopo averla comprata nel 2021 per sette milioni di dollari, ma tra i precedenti proprietari c’è stata l’ereditiera russa Anna Anisimova, soprannominata dal New York la “Paris Hilton russa” e il cui padre Vasily nel 1996 aveva comprato la mansion convinto dal suo isolamento. Anisimov aveva poi messo in vendita la proprietà nel 2013.
Intanto in Russia, per la prima volta dall’invasione dell’Ucraina, gli Oscar hanno sfondato i tg di stato con un focus sul cast di russi tra cui Borisov, il primo russo in una cinquina in oltre quattro decenni. “Non ha vinto l’Oscar ma è stato lodato per il suo talento nientemeno che da da Robert Downey Jr”, ha detto l’anchor di stato evocando il discorso sul palco del Dolby, mentre Sergei Markov, un commentatore pro-Putin ha postato su Telegram che “la cultura russa non può essere cancellata” e prima o poi “l’Occidente ci farà i conti”.
Meno contenti gli ucraini, che nella candidatura del “Ryan Gosling russo”, come è stato definito Borisov sul red carpet, hanno visto il segno di una normalizzazione culturale con il paese invasore. Grazie alla parte di un minatore nel film finlandese Compartment No. 6, Yura si è fatto un nome a Mosca con ruoli che hanno alimentato la narrativa patriottica del Cremlino: tra questi un biopic sull’inventore dell’AK-47 Mikhail Kalashnikov girato in parte in Crimea dopo l’annessione del 2014. Né Borisov né la sua co-star russa Mark Eydelshteyn hanno espresso sostegno per l’invasione dell’Ucraina, ma non si sono nemmeno schierati contro, un’ambiguità che gli ha permesso di spostarsi liberamente tra la Russia e l’Occidente.
La scorsa settimana i servizi di sicurezza russi a Mosca hanno invece arrestato la critica cinematografica Ekaterina Barabash che ora rischia dieci anni di carcere per aver diffuso “informazioni deliberatamente false” sull’esercito. “Nessun rischio del genere esiste per Borisov e Eydelshteyn: grazie all’accoglienza a Hollywood, sono ora eroi in patria”, ha scritto sul New York Times lo scrittore e sceneggiatore lettone-americano Michael Idov.
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