domenica, 24 Novembre 2024
Vincent Lindon, ‘con i figli serve dialogo e zero social’
(dell’inviata Alessandra Magliaro) Un padre vedovo, due figli
adolescenti, il primo che sogna la Sorbona ed è il più bravo del
liceo, il secondo che non ha finito la scuola, pensa allo sport
e fatica a trovare la sua strada ma che poi imbocca quella
sbagliata di gruppi di estrema destra, che cominciano con il
tifo ultrà allo stadio e finiscono per picchiare l’immigrato per
strada. Un crescendo drammatico che pone al centro il ruolo
della paternità, dell’essere genitore oggi e la facile preda di
ideologie violente che possono essere i giovani. È The Quiet Son
(Jouer avec le feu) di Muriel e Delphine Coulin, in concorso
dalla Francia per il Leone d’oro con grandi interpretazioni:
Vincent Lindon e i due figli interpretati da Benjamin Voisin
(potrebbe andare a premio) e Stefan Crepon. Lindon, 65 anni, tanti premi nella sua lunga carriera, torna
a Venezia anno dopo anno legando il suo nome a film di grande
profondità e sensibilità e The Quiet Son, in sala nel 2025 con I
Wonder Pictures, prosegue la serie. “Come attore – dice in
un’intervista all’ANSA – ritengo che sia interessante,
obbligatorio, che sia davvero alla base di tutto fare film in
cui ci si interroga sul mondo di oggi, anche perché in questo
modo si lascia una traccia, tra 30 anni chi guarderà quel film
vedrà cosa stava succedendo in quel determinato paese in questa
fase politica ed economica. Non dico di fare solo film impegnati
ma sono quelli che mi piacciono”.
L’argomento di fondo è coinvolgente: “Tutti noi abbiamo dei
figli e ci interroghiamo su come educarli al meglio, far capire
loro la differenza tra bene e male senza influenzarli, senza che
si sentano presi in trappola dalle opinioni dei loro genitori,
come possiamo educarli? Facendo – risponde Lindon – in modo di
ascoltarli, comunicando con loro, capendoli, osservandoli ed
amandoli. E sono cose che mancano nel mondo, viviamo sui social
network, ascoltiamo i nostri follower invece di ascoltare i
figli. Io – prosegue il grande attore francese – ad esempio non
ho social network, non li voglio, li considero un cancro della
nostra società attuale, ci impediscono di incontrarci, di
vederci tutti assieme e questa è una cosa grave. E questo rende
più difficile il nostro compito di genitori”.
Lindon ha due figli, l’hanno aiutata per questo film? “Non
porto la mia vita personale sul set, sicuramente c’è una parte
di inconscio che porto sul set, ma non utilizzo la mia vita
personale quando lavoro, il mio obiettivo di attore è mettersi
nei panni di qualcuno diverso da me, se portassi la mia vita
personale non sarebbe il mio lavoro, e così la lascio a casa”.
Che padre pensa di essere? “Un pincopallino qualunque. Faccio
quello che posso, come posso, nel modo migliore che posso,
sicuramente faccio tantissimi errori come tutti noi, forse
infliggiamo ferite ai figli ma cerchiamo di fare meno male
possibile. Non sono diverso da tutti: amo i miei figli, mi
sacrifico per loro, insomma niente di originale”.
Preparare un personaggio per Vincent Lindon non è
scervellarsi su un copione: “Passo poco tempo a leggere, sono
poco colto, bevo molti aperitivi, sono sempre per strada,
osservo le persone, sono affascinato dalle persone è questa la
mia passione, sono quasi un imitatore perché poi nei film me le
porto dentro”.
Ammette Lindon di vivere una seconda giovinezza
cinematografica? “Ho deciso di lavorare secondo quello che mi
ispira, faccio meglio quello che amo sempre meno e ho meno paura
di sbagliare, si lavora meglio quando ci sono meno sfide, almeno
per me”.
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